Africa ExPress
22 marzo 2021
Ieri 2,5 milioni di cittadini della Repubblica del Congo sono stati chiamati alle urne per le elezioni presidenziali. I candidati in lizza sono stati 7, tra questi, ovviamente il capo di Stato uscente, Denis Sassou-Nguesso, al potere da “solamente” 36 anni. Anche quest’anno i suoi manifesti sono visibili ovunque: nelle grandi città e nei piccoli villaggi all’interno del Paese.
Le votazioni si sono svolte dalle 07.00 alle 18.00 nei quasi 5.700 seggi aperti in tutto il Paese. Senza internet, che è stato interrotto come spesso succede durante le tornate elettorali in molti Paesi africani.
Il maggiore oppositore di Sassou-Nguesso, Guy-Brice Parfait Kolélas, candidato del partito Union des démocrates humanistes-YUK è morto questa notte nell’aereo medicalizzato che lo stava trasportando a Parigi. Kolélas avrebbe dovuto sottoporsi a cure urgenti, in quanto risultato positivo al coronavirus venerdì, ultimo giorno della campagna elettorale. A conclusione della quale aveva lasciato un video-messaggio ai suoi sostenitori registrato dal suo letto all’ospedale all’unità covid di Brazzaville. Stava già molto male e respirava a fatica anche con l’ossigeno.
“Cari compatrioti, sto lottando contro la morte – aveva detto – ma, malgrado tutto, vi chiedo di alzarvi, andate a votare per il cambiamento, per l’avvenire dei vostri figli.
Da quanto si apprende, la partecipazione al voto non è stata molto elevata.. Le informazioni dall’interno del Paese giungono con molto ritardo, anche perché la Chiesa cattolica, che avrebbe voluto mettere a disposizione migliaia di osservatori, è stata totalmente esclusa dalle autorità.
Tutto sommato la tornata elettorale si è svolta senza incidenti, escluso qualche inconveniente logistico: alcuni elettori non hanno trovato il loro nome sulle liste e alcuni seggi hanno aperto solamente nel pomeriggio, in quanto il materiale è arrivato con notevole ritardo. Molti congolesi non sono andati a esprimere la propria preferenza. Il loro commento è stato: “Sappiamo già il risultato, non abbiamo una opposizione in grado di sfidare l’attuale presidente e i veri avversari non partecipano alla tornata elettorale”. Le manifestazioni sono vietate da oltre un anno a causa della pandemia.
Thierry Moungalla, portavoce del governo ha negato fermamente che le autorità siano state responsabili del black-out di internet, d’altro canto ha fatto sapere che le votazioni si sono svolte in un clima sereno e tranquillo. L’opposizione, invece ha criticato i gravi problemi organizzativi.
E uno dei candidati alla poltrona più ambita, Mathias Dzon, ex ministro delle Finanze, ha dichiarato che non accetterà mai l’esito ufficiale di queste elezioni, in quanto considera i membri della Commissione elettorale un gruppo di partigiani che non vede l’ora di acclamare vincitore il presidente uscente.
Avversari e oppositori del leader avevano anche ampiamente criticato il fatto che le forze dell’ordine – tra 55-60mila persone – si siano recate alle urne già giovedì scorso. Secondo loro, un’iniziativa che potrebbe essere fonte di brogli elettorali.
Denis Sassou Nguesso, al potere dal 1979, spera di essere rieletto per un quarto mandato. Nel 2015 aveva indetto un referendum per cambiare la Costituzione per potersi presentare per un terzo mandato. Per le elezioni del 2016 il generale Jean-Marie Michel Mokoko era riuscito a mobilizzare un gran numero di persone per contrastare la rielezione dell’ “imperatore”. Malauguratamente Mokoko è stato poi accusato e condannato per delitti contro la personalità dello Stato e ora sta scontando una pena di 20 anni nelle galere congolesi.
E anche stavolta, poco prima della tornata elettorale si sono moltiplicati gli arresti. A febbraio è stato incarcerato il direttore del giornale satirico Sel-Piment, per aver diffamato una donna vicina al potere. Poi, una decina di giorni fa è toccato a Alexandre Dzabana, difensore dei diritti umani, e, secondo il ministro delle Comunicazioni sarebbe implicato in un tentativo di destabilizzazione delle istituzioni.
Un giornalista di Radio France Internationale, corrispondente dal Paese dal 2015, è stato dichiarata persona non grata e non gli è stato permesso di seguire le elezioni e lo scrutinio a Brazzaville.
Nel 2020 si sono elevate forti critiche a livello internazionale nei confronti del regime di Brazzaville, come per esempio il Fondo Monetario Internazionale che aveva già approvato un prestito di 379 milioni di euro nel 2019 per poi congelare i versamenti lo scorso anno, chiedendo al governo congolese maggiore trasparenza e di rinegoziare i debiti contratti con i petrolieri.
Lo scorso anno i debiti del terzo produttore di greggio dell’Africa subsahariana rappresentavano oltre il 100 per cento del suo prodotto interno lordo. Da anni le ONG denunciano la corruzione galoppante che impedisce al Paese di trarre beneficio dalle sue risorse naturali.
Ma il Congo necessita di prestiti per uscire dalla crisi economica che perdura ormai dal 2014, dovuta in parte anche dalla caduta del prezzo del petrolio. Il Paese è in piena recessione e il tasso di povertà è aumentato di ben tre punti dal 2019. FMI prevede che il PIL scenderà all’8 per cento alla fine di quest’anno.
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A Brazzaville Mokoko condannato a 20 anni e i vescovi insorgono contro la corruzione