Cornelia Toerlgyes
17 marzo 2021
Orania, una minuscola cittadina in Sudafrica, nella provincia del Capo settentrionale, un puntino così piccolo, che è difficile individuarlo sulle cartine geografiche, ma unica nel suo genere non solo nel suo Paese, in tutto il continente, forse nel mondo intero: questa comunità non accoglie concittadini neri, per loro questo luogo è un tabù.
La cittadina è nata negli anni ’90 come micro-volkstaat autogovernato e abitata solo da boeri, provenienti da tutto il Paese. L’articolo 235 della Costituzione sudafricana tutela il diritto di autodeterminazione a qualsiasi comunità che condivide un patrimonio culturale e linguistico comune nel territorio della Repubblica del Sudafrica.
Orania nasce proprio un anno dopo la liberazione di Nelson Mandela da Robben Island e tre anni prima delle elezioni del 1994, che hanno segnato la storia di questo Paese. In precedenza mai ci era una tornata elettorale democratica. Fu anche l’anno dell’”incoronazione” di Madiba, nominato capo dello Stato, dopo le sue lunghe lotte per libertà, giustizia, difesa della dignità umana.
Nella comunità vivono anche nomi eccelsi, come Carel Boshoff IV capo del movimento Orania. Carel è nipote dell’ideatore dell’Apartheid, Henrik Vorwoerd, la cui figlia, Anna, era la madre dell’attuale leader della cittadina.
E i fondatori di Orania furono proprio il padre e la madre di Carel, che alla fine degli anni Ottanta avevano fiutato che la fine dell’apartheid era ormai vicina. Insieme a un gruppo composto da una cinquantina di afrikaner, acquistarono un appezzamento di terra nella parte meridionale del fiume Orange, con lo scopo di instaurare un volkstaat per soli afrikaner.
Ma all’epoca, nell’area vivevano già quasi cinquecento persone, poverissime, neri, la maggior parte sudafricani. Si erano installati lì dopo l’inizio dei lavori di un progetto che prevedeva la costruzione di canali e dighe lungo il fiume Orange. Ovviamente con la creazione di Orania furono esclusi da tutto e, non solo, ironia della sorte, si trovarono con nuovi proprietari come vicini con concetti di vita tipicamente afrikaner.
Boshoff, interrogato all’epoca del perché della totale esclusione dei vicini, in un discorso alla comunità aveva sentenziato: “Non ho comprato un pullman con passeggeri” e, secondo lo storico dell’università di Cambridge, Edward Cavanagh, la creazione di Orania sarebbe stata uno dei maggiori sgomberi forzati durante l’oscuro periodo dell’apartheid.
Un grazie alla RAI e a Paolo di Giannantonio, autori di questo video.
Oggi Orania conta poco meno di duemila abitanti e è cresciuta soprattutto in questi ultimi anni con un incremento del 10 per cento per anno. E, grazie all’aumento demografico, è cresciuto notevolmente il mercato immobiliare con la costruzione di nuove case residenziali e palazzine. C’è anche una zona industriale con diverse fabbriche di alluminio e mattoni, prodotti che vengono commercializzati in tutto il Paese. Anche l’agricoltura è in piena espansione, per lo più sono piantagioni di noci pecan, che vengono esportate soprattutto in Cina.
Non una sola pietra è stata posata da un operaio sudafricano nero. Tutti lavori, anche i più umili, sono stati eseguiti da afrikaner. Nessun nero può entrare nella cittadina e a mala pena vien concesso loro di rifornirsi di benzina nella stazione di servizio situata al confine dell’abitato. Chi vive ancora oggi nelle vicinanze, ricorda quando i primi abitanti bianchi di Orania giravano con il fucile in spalla, un avvertimento chiarissimo che nessun residente delle zone limitrofe ha mai dimenticato.
Gli abitanti di Orania sostengono che il loro è semplicemente un progetto culturale, non ha nulla a vedere con il razzismo. Qui possono abitare e lavorare solamente gli afrikaner con lo scopo di preservare i propri usi e costumi.
Ma in realtà la situazione è un pochino diversa. In ogni rione, in tutte le strade ci sono bandiere dell’apartheid, monumenti dell’ideatore di quella oscena, discriminatoria dottrina. L’apartheid è terminata da ben trent’anni, eppure ancora oggi qualcuno la rimpiange, la fa rivivere.
Il medico della comunità per soli bianchi è arrivato qualche anno fa da Pretoria, la capitale del Sudafrica. Per lui Orania è un paradiso terrestre, giacché considera tutte le altre città del Paese “zone di guerra”. “Qui invece”, ha spiegato il dottore, “sembra di vivere nel Disneyland dei boeri, con la differenza che non devi mai tornare a casa”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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E questi cittadini possono uscire dal loro paese...?
Loro sì, certo
Perchè non parlate anche delle vendite di armi degli inglesi e dei francesi, oltre che degli americani?? Troppo comodo e vigliacco denunciare solo la vendita di armi italiane! A buon intenditor, poche parole.
Io a questo villaggio di merda l'avrei dato fuoco
Magari ci potessi andare a vivere, ognuno a casa propria, muri bisogna costruire.