Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
12 Febbraio 2021
“Clamoroso al Cibali”, verrebbe da gridare pensando a un evento fuori dalla logica e, soprattutto, dalla realtà. Eppure la realtà a volte supera l’immaginario.
In uno degli Stati (se Stato si può definire la Somalia) più disastrati del pianeta, dove le donne sono tra gli obiettivi primi dell’organizzazione islamico-criminale Al Shebab, una studentessa, Aisha Muhyadin, 22 anni, ha sfidato tutto e tutti: ha aperto, e dirige, un impianto sportivo, il Binish Gym, in cui la parte femminile della società possa tenersi in forma e acquistare fiducia in se stessa. Una sala per “belle di giorno”, verrebbe da dire (senza offesa), dato che di sera la struttura è only for men.
Alle nostre latitudini, palestre, palestrati e palestrate sono un fatto scontato (a parte la chiusura causa pandemia). In Somalia, è diverso: qui solamente nel 2018 le ragazze hanno dato vita al primo club calcistico, il Globe Girls Center, cui si sono iscritte in 60. Poco dopo l’alba, ogni giorno, molte di esse hanno preso a ritrovarsi nel campo sportivo, si sono liberate dell’Hijab, (ma restando sempre coperte senza mai mostrare braccia e gambe) e hanno cominciato ad allenarsi).
E appena lo scorso anno, nel 2020, le ragazze somale hanno dato il via a tornei di pallavolo e pallacanestro. Intervistate dalla Reuters, le giocatrici hanno dichiarato: “Infiliamo le divise negli zaini che usiamo per andare a scuola o all’università in modo da non destare sospetti”. Inutile dire che il campo di gioco è protetto da alti muri di cinta per evitare sguardi indiscreti e, soprattutto, attacchi mortali da parte di Al Shebab. Per questi fanatici terroristi, lo sport in genere è considerato una forma di divertimento del diavolo: immaginiamoci se praticato dalle donne. Che devono guardarsi anche da biasimo e derisione di amici, parenti e conoscenti.
Intervistata da Africanews, Najma Sufi Abdi, una delle giovani che frequenta la palestra Binish Gym, ha raccontato: “In tanti, a cominciare da mio marito, mi hanno chiesto: stai male? Ha il diabete? Perché vai in palestra? E io ho dovuto spiegare che volevo perdere peso per stare meglio e acquisire una bella linea…”
“In una società conservatrice come la Somalia – sottolinea l’istruttrice sportiva Ahisha Muhyadin – la palestra ha cambiato la vita di molte donne, ha dato vita a una piccola rivoluzione”
In attesa di una rivoluzione più grande. In gennaio il primo ministro Mohamed Hussein Roble, 58 anni, ha annunciato le quote rosa in Parlamento: un terzo dei deputati sarà riservato alle donne nelle elezioni che erano previste l’8 febbraio scorso. Alcuni gruppi femminili hanno accolto con piacere la proposta, ma anche con molta diffidenza, timorose dei condizionamenti dei clan tradizionalisti e misogini.
Intanto le elezioni sono saltate: rinviate a causa dei contrasti fra il governo federale e gli stati regionali. Tanto che l’altro giorno il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, per bocca di Barbara Woodward, presidente di turno del Consiglio, ha invitato le parti a riprendere urgentemente il dialogo. Al centro del contendere, l’intenzione del presidente uscente Mohamed Abdullah Mohamed, detto Farmajo, 59 anni, di ricandidarsi. Nel settembre scorso tra le forze in campo era stato raggiunto un accordo per andare alle urne l’8 febbraio, appunto.
Farmajo ha accusato due dei 5 stati regionali, lo Jubbaland e il Puntland, di aver violato l’intesa mentre l’opposizione ha contestato la legittimità di un suo secondo mandato e lo ha invitato a rispettare la Costituzione e a creare un Consiglio di Transizione per andare a nuove elezioni.
Questa incertezza favorisce, ovviamente, il gruppo estremista Al-Shebab, che non solo ha diffuso documentari contro il presidente e il processo elettorale, ma ha anche organizzato un attentato la notte dell’8 febbraio per boicottare gli incontri in vista del voto. Non ci sono state vittime civili, ma quattro terroristi sono stati uccisi dall’esercito somalo. In gennaio, oltretutto, da quello che è stato ribattezzato “Stato fallito” si sono ritirati 700 militari americani, mentre a fine anno se ne andranno i 20mila soldati dell’Unione Africana, che dovrebbero garantire la sicurezza. In una situazione del genere ci vuole veramente molto coraggio femminile per fare sport e andare in palestra.
Costantino Muscau
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