27 gennaio 2021
In Camerun si sta consumando un vero e proprio disastro ecologico: una deforestazione su ampia scala della quale sono responsabili soprattutto società cinesi e vietnamite.
Il talì, un albero che raggiunge anche i 40 metri di altezza, non ha un legno particolarmente pregiato, ma da qualche anno l’erythrophleum ivorense, è questo il suo nome scientifico, è molto apprezzato dai vietnamiti e viene utilizzato per la costruzione di templi. L’industria del legno è in forte espansione in Vietnam e il Camerun è il suo principale fornitore.
Gran parte di questo commercio passa attraverso canali illeciti e puzza di corruzione. Lo si evince da un recente rapporto dal titolo: “Legno rubato, templi sudici“, pubblicato alla fine del 2020, dopo tre anni di indagini, da due organizzazioni non governative, la statunitense Environmental Investigation Agency e la camerunese Centre pour l’Environnement et le Développement (CED), .
Il talì non è il solo albero a lasciare i porti di Duala e Kribi (città nel sud del Paese). Tra gli arbusti preferiti dai commercianti di legname c’è anche il doussiè – classificato come pianta vulnerabile e inserita nella lista rossa dall’Unione Internazionale per la conservazione della Natura (UICN) – che viene utilizzato per la fabbricazione di mobili. E il Vietnam sta diventando il massimo concorrente della Cina in questo settore.
Secondo i registri della società che gestisce le foreste del Camerun, filiale della multinazionale francese Bolloré transport et logistique che controlla il terminal portuale, nel 2018 i cinesi hanno acquistato il 63 per cento dei tronchi, i vietnamiti, invece, il 30 e l’Europa meno del 10 per cento.
Gli imprenditori vietnamiti non sono i soli ad aver approfittato delle falle nel sistema legislativo forestale camerunense; loro hanno semplicemente capito che tutto si ottiene distribuendo un po’ di soldi qua e là. E un diplomatico accreditato a Yaoundé ha apostrofato il ministero delle Foreste come “Dicastero complice di un disastro ecologico”.
I vietnamiti hanno trovato un modus operandi tutto particolare. Non godono di alcuna concessione che lo Stato concede solitamente a privati per la gestione delle foreste. Le società vietnamite generalmente non sono altro che discrete attività commerciali che riciclano gli arbusti provenienti dal disboscamento “illegale” grazie a piccoli permessi rilasciati al di fuori delle grandi licenze.
Queste autorizzazioni valide tre anni, chiamate in gergo “vendite al taglio“, sono le più richieste, poiché possono sfruttare una superficie di 2.500 ettari, ma in pratica aprono la strada a una deforestazione senza limiti. Il governo si era impegnato di abolire a più riprese questo tipo di licenze che, tuttavia, continuano a essere emesse.
Grazie a testimonianze raccolte, la ONG statunitense è riuscita a dimostrare che i commercianti vietnamiti riescono a esibire documenti falsi per il trasporto e l’esportazione del legname. Marcatura fraudolenta dei tronchi, nonchè la creazione di piccole segherie mobili per una trasformazione grossolana del legname acquistato illegalmente, sono pratiche correnti.
Manca la volontà politica per bloccare la devastante deforestazione. Lo si evince dal fatto che i Paesi protagonisti della deforestazione in Camerun si erano impegnati a ripensare i metodi del proprio commercio di legname nel quadro di una collaborazione con l’Unione Europea. Nello specifico, erano già stati versati contributi di diverse decine di milioni di euro per sostenere l’amministrazione forestale camerunense e gli operatori del settore. Obbiettivo operare in un ambito di legalità e mettendo anche a punto procedure che contemplassero la rintracciabilità del legname destinato all’esportazione. Ma niente di tutto ciò si è realizzato.
Africa ExPress
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