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Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 26 gennaio 2021
L’Italia invia rifiuti tossici in Tunisia. La notizia risale alla scorsa estate e allora aveva riempito le cronache locali, quando gli agenti della dogana del porto di Sousse, nell’est del Paese, hanno reso pubblico di aver messo le mani su oltre 300 container dal dubbio contenuto provenienti dalla Campania.
Settanta container con 120 tonnellate di rifiuti ospedalieri sono stati sequestrati immediatamente, altri 212 poco dopo. In seguito è iniziata una diatriba tra il ministero dell’Ambiente e l’autorità doganale; ognuno cercava di dare la responsabilità all’altro per questo losco traffico. E ovviamente ora si teme che dietro ci sia un vasto giro di corruzione.
Il commercio di tali materiali è vietato da vari trattati internazionali. Tra l’altro dalla Convenzione di Bamako (Mali), del 1991 – firmatari tutti gli Stati dell’Unione Africana – che vieta l’importazione di rifiuti tossici e/o pericolosi nel continente.
E per finire, dopo mesi e mesi di discussioni più o meno accese, poco prima di Natale sono cadute le prime teste, tra questi anche nomi eccelsi, come Mustapha Aroui, l’ex ministro dell’Ambiente in persona. Domenica 20 dicembre Aroui è stato silurato senza alcuna spiegazione ufficiale dal capo del governo di Tunisi, Hichem Mechichi. Fonti ben informate hanno rivelato all’agenzia France Presse che al ministro è stato dato il benservito a causa della faccenda dei rifiuti italiani.
Il giorno seguente i giudici del Tribunale di prima grado di Sousse hanno spiccato mandati d’arresto per ben 23 persone. Tra questi l’ex ministro, alcuni alti funzionari del suo dicastero, nomi eccellenti dell’autorità doganale tunisina, nonché un direttore dell’Agenzia nazionale per il riciclaggio dei rifiuti (ANGED).
La questione comincia a complicarsi quando si scopre che SOREPLAST, un’impresa tunisina attiva nel riciclaggio di rifiuti, aveva rilasciato false dichiarazioni circa il contenuto dei container. La società aveva chiesto un’autorizzazione per l’importazione temporanea di imballaggi di plastica di rifiuti industriali non pericolosi che dovevano essere riciclati nel Paese per poi essere imbarcati verso un altro Paese europeo.
Purtroppo il contratto stipulato con una società italiana era ben diverso: prevedeva il recupero dell’immondizia da parte di Soreplast e della sua eliminazione in Tunisia.
La ditta italiana, Sviluppo Risorse Ambientali Srl, con sede a nord di Napoli, risulta irraggiungibile, come il direttore della controparte tunisina, sul quale pende ora un mandato d’arresto.
AFP ha avuto copia dei documenti e da questi si evince che SOREPLAST avrebbe dovuto eliminare al massimo 120.000 tonnellate di rifiuti al prezzo di 48 euro per tonnellata, vale a dire per un totale non superiore di 5 milioni di euro.
Un responsabile delle dogane di Sousse ha detto che l’8 luglio le autorità tunisine avevano deciso di rinviare il carico in Italia, ma a tutt’oggi giace ancora nel porto del Paese nordafricano.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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