Cornelia I. Toelgyes
17 gennaio 2020
E continua la guerra nel Tigray, iniziata il 4 novembre 2020. A tutt’oggi internet e telefonia restano interrotti, eccetto in qualche zona nel sud e nell’ovest della regione.
La situazione umanitaria è catastrofica. Secondo quanto riportato dall’ONU, 2,3 milioni di persone su una popolazione di 7 milioni di abitanti necessitano urgenti aiuti umanitari. Le Organizzazioni internazionali hanno lanciato nuovamente l’allarme e chiedono libero accesso a tutta la regione.
Lo scorso 8 gennaio OCHA (Ufficio dell’ONU per gli affari umanitari), ha sottolineato che a causa del conflitto decine e decine di migliaia persone sono fuggite dalle proprie abitazioni. Anche se parecchi residenti di Alamata, Mehoni e Mekelle stanno ritornando a casa, molte abitazioni sono state distrutte e/o saccheggiate. Anche edifici pubblici, nosocomi, scuole e tutto il resto, restano inagibili per le stesse ragioni. In molte aree mancano i sevizi essenziali, corrente elettrica e telecomunicazioni. Persino gli ospedali hanno subito atti di vandalismo e pertanto molti sono ancora chiusi, anche per assenza di personale sanitario.
Dall’inizio del conflitto nel Tigray oltre 55.000 persone hanno cercato protezione nel vicino Sudan.
L’approvvigionamento di generi alimentari resta assai limitato nella regione etiopica; si trova solamente cibo prodotto localmente e i prezzi sono saliti alle stelle. Dall’inizio del conflitto solo poco più di 77.000 persone hanno potuto usufruire di aiuti umanitari, per lo più gli abitanti di Makallé (il capoluogo del Tigray) e dintorni e 25.000 rifugiati di due campi per profughi (Mai Ayni e Adi Harush). Gran parte del nord-ovest, est e del Tigray centrale restano praticamente inaccessibili, come pure gli altri due campi profughi (Hitsats e Shimelba).
E le ultime immagini satellitari inviate da DX Open Network no profit con base in Gran Bretagna all’Agenzia di stampa Associated Press (AP), mostrano nuove incursioni militari nel campo di Shimelba, uno dei quattro che insieme ospitano ben 96.000 rifugiati eritrei. Dalle foto si evince che 400 abitazioni sono state distrutte e sono inagibili. Già giovedì scorso Filippo Grandi, capo di UNHCR, ha fatto notare l’inacessibilità di due campi, precisando che “Ci sono concrete indicazioni di violazioni del diritto internazionale”.
OCHA teme anche l’espandersi della pandemia, visto che i controlli in tal senso sono stati interrotti e, sommato agli spostamenti di massa che costringono gli sfollati a vivere in condizioni igienico-sanitarie precarie, potrebbero verificarsi molti nuovi casi Covid-19.
Insomma, a pagare il prezzo più alto è come sempre la popolazione civile. Questo disastro umanitario non è sfuggito all’Unione Europea e ha scatenato l’ira di Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza. L’UE ha fatto sapere pochi giorni fa che gli aiuti di 88 milioni di euro destinati alla crisi nel Tigray resteranno sospesi finche le agenzie umanitarie internazionali avranno pieno accesso in tutta la regione. “Il rimo ministro etiope, Abiy Ahmed, deve ora dimostrarsi all’altezza del Premio Nobel che gli è stato conferito nel 2019 e fare tutto il possibile per fermare il conflitto nel Tigray”, ha sottolineato Borrell.
I tigrini, che rappresentano più o meno il 6 per cento della popolazione, hanno dominato la scena politica e militare del Paese fino all’arrivo di Abiy, un oromo, salito al potere nell’aprile 2018, designato dalla coalizione al governo, l’Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front, dopo le dimissioni del suo predecessore Hailemariam Desalegn. Il nuovo governo ha rimosso la vecchia leadership, per lo più appartenenti al TPLF, accusandola di corruzione e malversazione. Altri sono finiti in galera per crimini come torture e uccisioni.
I dissensi tra Addis Ababa e Makallé si sono intensificati a settembre, quando il Tigray ha indetto votazioni regionali contro il parere del governo centrale e Abiy ha lanciato un’offensiva nella regione ribelle il 4 novembre scorso in seguito a un attacco effettuato da TPLF a una base di Makallé.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
(1- continua)
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