Elisabetta Crisponi
dicembre 2020
È sempre più frequente che Stati africani si interessino all’importazione di piante che possano dare un sostentamento a chi le coltiva. L’obiettivo? Migliorare la situazione alimentare di famiglie che si trovano in condizioni di povertà estrema. Una di queste piante è la moringa.
Di regola in Italia, la Moringa Oleifera, può essere coltivata in pieno campo solo nelle regioni più calde del Sud e nelle Isole. Se il clima è ideale (temperature comprese tra i 10 e i 35 gradi) può fiorire sino a tre volte l’anno. Noi abbiamo intervistato il Professor Guido Vanetti, ricercatore indipendente che coltiva le piante di Moringa, tra altre importate da tutto il mondo, nella tenuta Casa Zuccala a Marentino, sulla collina di Torino.
Casa Zuccala è una la dimora signorile, ogni domenica accoglie chiunque voglia scoprire la sua storia e quella della famiglia Zuccala, che l’ha abitata per oltre cinque secoli. All’interno della dimora si trova il GEA (Giardino delle Erbe Aromatiche), un orto botanico finalizzato alla raccolta di essenze autoctone e alloctone, ai fini di valutare le loro possibilità di ambientazione nei nostri climi e gli effetti dei mutamenti climatici.
Professore, che tipo di studi sta facendo sulla moringa? “Io sto cercando di vedere se può essere coltivata da noi. Possiedo da tre anni due piantine, riprodotte da seme. Una la tengo dentro la serra e l’altra fuori, per vederne le rispettive reazioni. In inverno in genere ci sono dei problemi, perde le foglie, dunque, per lo stress, non arriva alla fioritura in primavera. Ha moltissime proprietà, dovrebbe interessare Paesi con problemi alimentari”. Ritiene che, resa stabile e possibile la coltivazione, possa diventare una pianta alimentare anche per noi? “A mio parere, da noi ha un valore di curiosità. Mi sembra la classica “moda alimentare”, frutto dei Mass media occidentali. Invece per l’Africa potrebbe essere una risorsa e soluzione interessante, perché ricchissima di proprietà. Inoltre, non ha malattie, non subisce forti stress e in periodo di siccità perde la foglia, ma non muore.” Ha qualche esempio specifico da fare? “Sì. Noi viviamo vicini a Chieri, città gemellata col Burkina Faso. In questa nazione hanno iniziato, da qualche anno, la produzione di moringa per scopi alimentari. Ma non solo. Segnalo anche un’altra pianta, di cui mi sono stati portati i semi da dei volontari in Uganda, uno pseudocereale senza glutine, utile da noi per i celiaci e nelle nazioni africane per mangiarne le foglie cotte”.
Questa pianta è l’amaranto
L’amaranto comune è di origine centro-americana, poi introdotta in altre parti del mondo. Pianta infestante, ha scarse esigenze idriche, con un valore nutrizionale elevato. Infatti, i suoi semi sono ricchi di proteine ad alta digeribilità. Si parla sempre più spesso di questa pianta come rimedio nelle regioni con crisi alimentari.
“La coltivazione dell’amaranto – continua il Professor Vanetti– forse in Africa potrebbe avere più probabilità anche rispetto alla moringa”. Crede ci possano essere problemi di adattamento? “Sono processi che vanno studiati e seguiti. Il nostro giardino è specifico per le piante aromatiche (non nostrane) e da frutto, quindi con zuccheri o olii essenziali. Sono piante che vengono da ogni parte del mondo, passando dalle aromatiche alle PANC (Piante Alimentari Non Convenzionali). Quindi entra in gioco l’adattamento e il discorso del cambiamento climatico, che ha fatto salire la media delle temperature. Essendo ormai un problema esistente con cui dobbiamo fare i conti, io cerco di studiarne i benefici”.
Per esempio? “Si può dire che ormai in Piemonte abbiamo la temperatura che prima era delle nostre Isole. Qui ho gli aranci in piena terra, come in Sicilia. Per questo, credo che le zone più calde dell’Italia dovrebbero modificare il sistema di coltivazione, per reggere meglio la concorrenza con Spagna, Israele, ecc. Qui abbiamo dei problemi con le piante tipiche che hanno bisogno del freddo, perché ormai in Piemonte c’è siccità”. Insomma, se in Piemonte si coltivano le arance, in Sicilia si possono coltivare datteri o banane. “Lei sorride, ma è proprio così. In Sicilia ci sono già sperimentazioni di coltivazione di canna da zucchero. Purtroppo da noi sono cose viste solo come tendenze temporanee e di nicchia, ma serve il coraggio di comprendere che il mondo si sta aprendo, e anche le coltivazioni vanno reinventate”.
Elisabetta Crisponi
elicrisponi@hotmail.it
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