Costantino Muscau
13 dicembre 2020
“Basta la salute e un par de scarpe nove, poi girà tutto ermonno”? L’interrogativo si è riproposto domenica 6 dicembre scorso dopo un record fatto non solo con i piedi, ma con le…scarpe. E che scarpe. Parliamo della mezza maratona Valencia Trinidad Alfonso in Spagna.
La gara è stata vinta, con un tempo monstre, dal keniano Kibiwott Kandie, 24 anni. Oh, che novità, verrebbe da dire! Ma guarda: un giovane runner keniano che domina nei 21 km e 0975 metri! E invece i motivi di stupore e meraviglia sono più di uno.
Kandie ha polverizzato il record della mezza maratona impiegando 29 secondi in meno del limite precedente: 57’32” contro i 58’01”. Questo era stato stabilito il 15 settembre 2019 a Copenaghen dal suo connazionale Geoffrey Kamworor, 28 anni.
Ma alle spalle di Kandie si è registrato un altro fatto senza precedenti: tre corridori, in un colpo solo, sono scesi tutti sotto i 58’01”. Il secondo classificato, Jacob Kiplimo, ugandese, appena ventenne, ha segnato 57’37”; il terzo Rhonex Kipruto, 21 anni, keniano 57’49”; il quarto Alexander Mutiso Munyao, 24 anni, sempre di Nairobi, ha fermato il cronometro a 57’59”.
Strabiliante. I primi quattro che violano il record del mondo.
Certo, il più felice è stato Kandie: ha messo in riga quell’ugandese prodigio, Kiplimo, che gli aveva fregato il titolo mondiale sui 21 km in Polonia, il 17 ottobre scorso (ne abbiamo parlato); ha sconfitto Kipruto, che è recordman dei 10 mila metri.
E infatti Kandie ha commentato: “Sono felice per me e per il mio Paese. Nelle ultime sette settimane ho pensato solo a questa gara. Per battere Kiplimo sapevo che avrei dovuto puntare al record. All’inizio dell’anno mi stavo preparando per i 10 mila e la mezza maratona, poi è arrivata la pandemia e ha annullato tutto il lavoro fatto. Non mi sono arreso e ho continuato ad allenarmi, allenarmi…per 6 mesi”.
E così si è messo in saccoccia – il che non guasta – 100 mila euro, in quanto doppio premio per vittoria e primato. Tutto grazie a un paio di scarpe nove?
Quella domenica 6 dicembre è successo – in effetti – un altro fatto straordinario. Le scarpe da corsa high tech scendono ufficialmente in pista
WORLD ATHLETICS, l’associazione che si occupa dell’Atletica leggera a livello mondiale (prima si chiamava Iaaf), ha approvato un cambiamento delle regole che governano l’utilizzo – per 12 mesi – delle scarpe prototipo degli atleti.
World Athletics in questo modo si rimangia una precedente decisione e consente le calzature volanti in tutte le gare eccetto che in quelle olimpiche e in quelle più importanti organizzate dalla stessa associazione (World athletic series).
Questo per venire incontro – è scritto nel sito dell’associazione – alle richieste delle case produttrici di scarpe e del loro organismo di rappresentanza il World Federation of the Sports Goods Industry (WFSGI).
Il ricorso a questi calzari è un fatto controverso in Atletica, specie dopo alcune performance che hanno lasciato perplessi.
In settembre, ad esempio, quando, a Bruxelles sir Mo Farah, 37 anni,(il campione britannico di origine somala) aveva stabilito il record orario dell’ora maschile (km 21,330 metri) e Sifan Hassan, 27 anni, (olandese di origine etiope) quello femminile (18930 metri). O in ottobre quando, ancora a Valencia, l’ugandese Joshua Kiprui Cheptegei, 34 anni, aveva sbriciolato il limite nei 10 mila metri che durava da 15 anni (in 26’ 11” 00) e Letesenbet Gidey, 32, etiope, nei 5 mila donne (14’06”65). Tutti avevano gareggiato utilizzando le Nike Zoom X Dragonfly, con plantare di carbonio e schiuma.
Eliud Kipchoge, 35 anni, il 12 ottobre 2019 a Vienna aveva infranto uno degli ostacoli simboli della corsa, la maratona, in meno di 2 ore, mentre Birigid Kosgei, 36 anni, il giorno dopo ma nella maratona di Chicago donne aveva segnato il record mondiale con le scarpette Nike’s Vaporfly.
Si gridò al doping tecnologico; si parlò di scarpe più veloci di sempre. E ora a Valencia in una mezza maratona già favorita dalle perfette condizioni del meteo (amatissima anche dagli italiani) e agevolata da un percorso piatto, la questione si è riproposta.
Kibiwott Kandie (che fa parte della “scuderia” internazionale dell’italiano Gianni Demadonna) come era “calzato”?
Non con le “Nike”, ma le nuove ipertecnologiche Adidas Adizero Adios Pros.
Esse contengono 39 millimetri di schiuma ultraleggera ammortizzante e 5 cinque asticelle infuse di carbonio infilate nelle suole e si allineano con le ossa metatarsali, quelle ossa sottili che scorrono dalle dita dei piedi alle caviglie.
Il dilemma ricompare più impellente e conturbante: contano (più) le scarpe o le gambe? I risultati sempre più mirabolanti sono opera del corridore o delle scarpe? Secondo Sebastian Coe, 64 anni, presidente di World Athletics ed ex campione (4 medaglie d’oro olimpiche e 12 record del mondo) non c’è niente di nuovo sotto il sole. “Siamo di fronte a un cambiamento tecnologico evoluzionario che c’è sempre stato. E siamo in grado di regolamentarlo. In ogni caso buona parte di queste performance eccezionali sono legate alla voglia tremenda degli atleti di ritornare alle competizioni dopo anni in cui hanno sfruttato troppo il loro fisico. Ora hanno imparato a dominare il lockdown e sono ripartiti alla grande”.
Siamo entrati a pieno nell’era dei calzari alati. Che Mercurio ci protegga.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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