6 novembre 2020
Con la “presa” di Makallé è terminata la cosiddetta guerra convenzionale. Il governo federale di Addis Ababa sta perlustrando ogni angolo per trovare i leader del Fronte di Liberazione del Tigray (TPLF), che dal canto loro hanno fatto sapere che il conflitto non è assolutamente terminato.
Le notizie che arrivano sono frammentarie e confuse. Le comunicazioni telefoniche non sono ancora state ripristinate e anche internet è bloccato. I giornalisti indipendenti non possono raggiungere la zona del conflitto. Getachew Reda, portavoce e uno dei responsabili di TPLF, ha dichiarato che non ci sarà alcuna resa, e, secondo lui, le forze armate etiopiche avrebbero perso migliaia di militari. “Ad Addis Ababa non importa nulla delle perdite subite, il loro scopo è quello di distruggere quello che abbiamo realizzato in oltre 20 anni – e ha aggiunto – Ma ormai è l’Eritrea che svolge la maggior parte del lavoro”.
Sia Asmara che Addis Ababa negano fermamente il coinvolgimento per Paese rivierasco. Eppure fonti diplomatiche confermano ad Africa Express che soldati eritrei sono implicati nel conflitto in atto.
Ma anche il potere centrale non demorde e afferma di aver preso anche alcuni villaggi vicino a Abiy Addi, a ovest di Makallé, vicino alla zona dove si troverebbero i ribelli. Insomma, guerra di propaganda dove ognuno tira acqua al proprio mulino.
Wandimo Asmamo, ex generale delle forze armate etiopiche, originario del Tigray, si è lamentato della stretta collaborazione tra Etiopia, Somalia e Eritrea in questo conflitto. L’alleanza stretta tra Abiy Ahmed, primo ministro etiopico, i presidenti Isaias Afeworki (Eritrea) e Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo (Somalia) nuoce gravemente alla popolazione del Tigray: “Stanno davvero effettuando una pulizia etnica”, ha dichiarato in un’intervista ad un canale televisivo.
E non per ultimo, oggi c’è stato un vero e proprio attacco tra membri del contingente etiopico di AMISOM, la missione dell’Unione Africana in Somalia. I fatti sono accaduti a Halgam, nella regione Hiran, vicino Belet Huein. Un gruppo di militari etiopici del contingente internazionale ha tentato di disarmare membri di AMISOM provenienti dal Tigray, Ne è scaturita una sparatoria con morti e feriti da entrambe le parti. Ahmed Shirwa, un giornalista freelance somalo, da Mogadiscio ha confermato ad Africa ExPress lo scontro, durante il quale sarebbero morti 21 tigrini e 20 etiopi di altre etnie.
Nel frattempo la popolazione del Tigray è allo stremo. Se da un lato all’ONU è stato assicurato il “Via libera” per portare gli aiuti nella regione, di fatto è molto difficile. In quanto in molte zone ci sono ancora combattimenti in atto. E non dimentichiamo i rifugiati eritrei, che già prima dell’inizio della guerra vivevano nei campi per profughi, in aree toccate da violenti scontri.
Secondo quanto riportato da International Crisis Group (ICG), in questa assurda guerra hanno perso la vita migliaia di persone e decine di migliaia sono fuggite nei campi profughi in Sudan. E, anche se entrambe le fazioni lo negano, diverse fonti hanno rivelato che ci sarebbero stati massacri di civili.
Africa ExPress
@africexp
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