Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
5 dicembre 2020
“Un rapporto afferma che i leoni in cattività trasportano una serie di agenti patogeni dannosi, tra cui SarsCoV-2 che porta la Covid-19”. Lo afferma l’ong sudafricana Conservation Action Trust (CAT) che promuove indagini e relazioni su importanti questioni ambientali e di conservazione.
Parole di piombo contro le farm sudafricane che allevano i grandi felini e ne fanno un business miliardario. Sono aziende, con tanto di listino, che vendono i leoni come trofei a ricchi “cacciatori del weekend”. Gente che paga fino a 26 mila USD la “canned hunting” (battuta di caccia al leone senza via di fuga).
È il rapporto “African Lions and Zoonotic Diseases: Implications for Commercial Lion Farms in South Africa”, pubblicato il 18 settembre dal Multidisciplinary Digital Publishing Institute . Il titolo in italiano dello studio è “Leoni africani e malattie zoonotiche: implicazioni per gli allevamenti commerciali di leoni in Sud Africa”. Mette in guardia sul pericolo di patologie portate da virus e batteri che possono saltare di specie dal grande felino in cattività all’essere umano.
Il team, composto da sette scienziati, ha registrato 63 organismi patogeni appartenenti a 35 generi in 30 famiglie tassonomiche. Trentacinque di questi sono parassiti (56 per cento) seguiti da 17 virus (27 per cento) e 11 batteri (17 per cento). Gli studiosi hanno anche segnalato numerosi nuovi agenti patogeni che rappresentano specie non identificate e non descritte.
“Nell’inventario patogeno ci sono specie che possono essere trasmesse dai leoni ad altre specie, compreso l’uomo” – si legge nel rapporto. “Sono stati identificati 83 sintomi clinici e malattie associate a questi patogeni. Dati i rischi posti dalle malattie infettive, questa ricerca evidenzia i potenziali rischi per la salute pubblica associati all’industria dell’allevamento in cattività”.
Secondo dati del CAT si stima che, in Sudafrica 12 mila leoni (Panthera leo) siano allevati in cattività. Il 90 per cento delle farm sono in due province: Free State e North West. Dal 2008 sono stati esportati oltre 6.000 scheletri. I leoni che vivono allo stato libero sono invece 10 mila. L’ong accusa il governo di avere un sistema che regola i permessi troppo debole. Una debolezza che permette scappatoie per il traffico illegale di animali selvatici e che ha un forte impatto sulla conservazione della fauna selvaggia.
Il Conservation Action Trust rincara la dose anche riguardo al peso che quel tipo di allevamento ha sul’industria turistica sudafricana. Chiama in causa Colin Bell, ambientalista della fauna selvatica e fondatore di Wilderness Safaris. “L’industria dell’allevamento dei leoni sta facendo guadagnare un sacco di soldi ad alcuni allevatori di leoni, ma sta costando miliardi al marchio South Africa”. Bell accusa di barbarie l’industria dei leoni: causa la perdita di milioni posti di lavoro nel settore turistico perché i turisti scelgono di viaggiare altrove.
Il World Travel & Tourism Council nell’ultima Relazione (dati riferiti al 2019) scrive che il turismo in Sudafrica incide sul PIL per il 7 per cento. Una percentuale che vale 26,7 miliardi di USD e quasi 1,5 milioni di posti di lavoro, 9,1 per cento dell’occupazione totale. L’impatto del turismo straniero incide per 9 miliardi di USD nella spesa dei visitatori che equivale all’8,6 per cento delle esportazioni totali. Secondo il CAT l’industria dell’allevamento di leoni in cattività occupa poco più di un migliaio di lavoratori. “Il governo sudafricano, nonostante gli allarmi, sta ignorando che l’industria dell’allevamento di leoni sta danneggiando la reputazione del paese” – afferma il Conservation Action Trust.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Crediti immagini:
– Mappa del Sudafrica:
Di Mart Bouter – South_Africa-Regions_map.svg, CC BY-SA 4.0, Collegamento
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