Costantino Muscau
25 novembre 2020
Lutti e scandali rattristano e affliggono il calcio africano. Tutto è successo in tre giorni. Se ne sono andati per sempre un grande dirigente ivoriano, vittima del Covid-19, e un ambasciatore sudafricano del pallone, vittima di una sciagura stradale. Per 5 anni, invece, è stato “espulso” dal mondo del pallone (illeciti finanziari) nientemeno che il numero 1 del football continentale e numero 2 di quello mondiale.
L’infausta serie ha inizio sabato 21 novembre, quando la Fédération ivoirienne de football (FIF) ha annunciato “il decesso del presidente, Augustin Sidy Diallo e porge le sincere condoglianze alla sua famiglia biologica”.
Augustin Sidy Diallo aveva 61 anni ed era a capo dell’organismo dal 2011. Sotto la sua direzione, nel 2015, la nazionale ivoriana, i cosiddetti Elefanti, conquistò la Coppa d’Africa in Guinea Equatoriale.
Commosso il ricordo dell’indimenticabile campione Didier Drogba, 42 anni, ora fra i candidati a succedergli come presidente della Federazione della Costa d’Avorio: “La famiglia del calcio ivoriano, africano e mondiale perde uno dei suoi figli. Grazie di tutto presidente”.
Augustin Sidy Diallo era risultato positivo il 9 novembre. Per questo non aveva potuto essere presente alla doppia sfida Costa D’Avorio-Madagascar nel quadro delle qualificazioni della Coppa d’Africa 2021, il 12 novembre ad Abidjan (2-1 per i padroni di casa) e il 17 novembre a Toamasina (1-1).
Le sue condizioni si erano aggravate ed era stato trasferito in ospedale, dove sabato 21 è deceduto. “Era un uomo dal cuore grande, leale e onesto” – ha commentato a Radio France Internationale, Beaumelle, 42 anni, francese, neo-allenatore della squadra e collaboratore dello scomparso -. “Te ne sei andato troppo presto e in modo ingiusto”. Con questo padre del calcio africano, scompare una seconda figura di rilevo a causa della pandemia: nella prima ondata, a fine marzo, aveva perso la sua battaglia Pape Diouf, 68 anni, illustre figlio del Senegal e presidente storico dell’Olympique di Marsiglia. https://www.africa-express.info/2020/04/04/pape-diouf-mortale-sconfitta-allultima-partita-quella-per-la-vita/
E’ poi spuntata l’alba tragica di lunedì 23 novembre. Sull’autostrada per Durban, nella provincia sudafricana KwaZulu Natal, ha perso la vita un pilastro del calcio sudafricano, Calvin Anele Ngcongca, 33 anni.
L’auto su cui viaggiava è finita fuori strada. Anele è stato sbalzato fuori dall’abitacolo ed è stato trovato senza vita a 30 metri di distanza. A darne la notizia sono stati la Polizia stradale e i club AmaZulu (di Durban) e Mamelodi Sundowns Fc (di Tshwane): il giocatore si stava per trasferire in prestito dal Mamelodi (secondo in classifica nella massima serie sudafricana) all’AmaZulu. Le due squadre si erano affrontate il giorno prima con vittoria per 4-3 di Mamelodi. Anele era diretto proprio a Durban per firmare il contratto e rafforzare AmaZulu (che galleggia in fondo alla classifica, al 12 posto).
Difensore e centrocampista della nazionale nota come Bafana Bafana, dove ha disputato ben 51 incontri in 7 anni fino al 2016, Ngcongca era considerato “ambasciatore del calcio”. Originario di Città del Capo, la sua figura imponente (era alto oltre un metro e 80) il suo aspetto elegante e il suo carattere generoso lo avevano reso popolarissimo nel suo Paese anche se per 8 anni (2007-2015) aveva giocato in Belgio, nel Genk, (era sceso in campo 279 volte) e poi in Francia nel Troyes (2015-2016). Era tornato a casa e indossato la maglia del Sundowns. Nel 2015 era stato inserito nella squadra del secolo unitamente al portiere del Real Madrid Thibaut Courtois e al centrocampista del Manchester City Kevin De Bruyne. Memorabile la sua presenza nella partita vittoriosa contro la Francia ai Mondiali sudafricani del 2010.
Suo collega e amico in Belgio era stato Kalidou Koulibaly, 29 anni, difensore senegalese del Napoli, affranto dalla terribile notizia. Koulibaly ha condiviso alcune foto sui social in compagnia dell’ex compagno con la scritta: “Riposa in pace, fratello”.
Il medesimo giorno un’altra nube ha oscurato il pianeta calcio africano.
Il massimo organismo che governa questo sport, la Fifa, ha bandito per 5 anni Ahmad Ahmad e gli ha inflitto una multa di 200.000 franchi svizzeri (poco più di 180 mila euro). La sanzione pecuniaria fa riferimento – in particolare – all’organizzazione e finanziamento di un pellegrinaggio alla Mecca.
Di Ahmad, 60 anni, potente uomo politico malgascio e dinamico dirigente supremo del “pallone nero”, avevamo scritto l’11 giugno scorso. Già allora Ahmad Ahmad, presidente, appunto, della Confederazione africana di calcio (CAF) dal 2017, era finito nel mirino della magistratura francese che indaga su scandali finanziari. Era stato arrestato e subito liberato, ma era facile prevedere che la partita non fosse chiusa.
Ora è arrivato quello che sembra il disonorevole fischio finale, nonostante 3 anni di impegno per il calcio africano, anche per quello femminile.
E’ accusato di cattiva condotta finanziaria, da parte del Comitato etico della Fifa: “Ha violato il suo dovere di lealtà (articolo 15), offrendo e ricevendo doni e altri benefici (articolo 20), gestendo male i fondi (articolo 28) e abusando della sua posizione (articolo 25) di presidente della CAF”, ha scritto il Comitato etico, che gli ha mostrato il cartellino rosso per 5 anni. Per tutto questo lungo periodo dovrà stare lontano da “qualsiasi attività, amministrativa, sportiva o di altro genere, relativa al football, sia in campo nazionale sia in campo internazionale”.
Per Ahmad, comunque finisca questa poco onorevole vicenda, il 2020 è proprio un anno da dimenticare. Dopo la disavventura giudiziaria di brevissima durata a Parigi, a fine ottobre era risultato positivo al Covid 19 durante un viaggio in Marocco. La quarantena l’aveva trascorsa a Il Cairo e il suo posto era stato preso provvisoriamente dal vice Constant Selemani Omari, 62 anni, del Congo-K.
Il mandato interinale di Omari ora è stato prolungato in quanto – ha dichiarato il CAF – “la decisione presa dalla Fifa mette Ahmad Ahmad in una posizione tale da impedirgli l’esercizio delle sue responsabilità”.
Ahmad non intende arrendersi. Martedì 24 novembre si è incontrato con i suoi legali per preparare la strategia difensiva: presenterà appello al Tribunale arbitrale internazionale dello sport (Cas), che ha sede a Losanna. Aspettiamo i tempi supplementari.
Costantino Muscau
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