L’Etiopia bombarda il Tigray e Roma firma un accordo militare con Addis Abeba

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L'allora ministro alla Difesa Elisabetta Trenta con il suo omologo etiope Aisha Mohammed,

Speciale per Africa ExPress
Antonio Mazzeo
7 novembre 2020

Chissà se adesso che nella regione del Tigray sono iniziati i bombardamenti da parte del governo di Addis Abeba, ci sarà qualcuno in Italia che s’interrogherà sull’opportunità di aver firmato e ratificato in fretta e furia un accordo di cooperazione militare con l’Etiopia.

L’accordo con le autorità etiopiche è stato sottoscritto il 10 aprile 2019 in occasione della visita in Corno d’Africa dell’allora ministra della Difesa Elisabetta Trenta (M5S) e del Capo di Stato Maggiore delle forze armate, generale Enzo Vecciarelli. “Si tratta di un’intesa storica che inaugura una nuova fase delle relazioni bilaterali tra Italia ed Etiopia”, aveva commentato la ministra subito dopo la firma con la titolare del dicastero della difesa etiope, Aisha Mohammed. “L’Accordo istituisce un quadro entro cui sviluppare nuove e maggiori iniziative nel campo della sicurezza e della difesa in aree di comune interesse quali la formazione; le operazioni di peace-keeping in cui sia l’Etiopia che l’Italia condividono un ruolo di leadership; il contrasto al terrorismo ed all’estremismo violento; la ricerca e lo sviluppo in ambito militare e la collaborazione in materia di industria della difesa”.

L’allora ministro alla Difesa Elisabetta Trenta con il suo omologo etiope Aisha Mohammed

Il 26 giugno 2019 il Consiglio dei ministri presieduto da Giuseppe Conte, su proposta della ministra Trenta e dell’allora ministro degli Affari esteri Enzo Moavero Milanesi, approvava il disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo di cooperazione militare e una ventina di giorni più tardi lo sottoponeva alle due Camere per la ratifica. Nonostante l’incalzante emergenza per la diffusione del Covid-19, la Camera dei deputati varava il testo il 5 febbraio 2020 (relatrice l’on. Mirella Emiliozzi di M5S, facente funzioni in una delle sedute l’on. Piero Fassino del Pd ), mentre il Senato della Repubblica lo approvava in via definitiva lo scorso 8 luglio (relatore il sen. Alessandro Alfieri del Pd). La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 4 agosto 2020 ed è in vigore dal giorno successivo.

Nella scheda predisposta dall’esecutivo Conte uno sulle finalità generali dell’accordo di cooperazione militare Italia-Etiopia (rimasta la stessa anche dopo il ribaltone politico che ha portato al Conte bis), si enfatizza come il paese africano “sta conoscendo un accelerato ed intenso processo di riforma, dovuto principalmente al suo nuovo Primo Ministro Abiy Ahmed, unitamente ad una decisa crescita economica”. A capo del governo dall’aprile 2018 – aggiunge l’esecutivo – “il nuovo premier ha inaugurato una nuova fase politica di riforme e di riconciliazione nazionale, che ha ricevuto un significativo riconoscimento da parte della Comunità internazionale con il conferimento ad Abiy Ahmed del Premio Nobel per la pace nel 2019”.

“Apertura democratica e riformismo economico sono state le linee di politica interna, mentre sul piano regionale Abiy ha puntato sulla pace con l’Eritrea, sulla distensione dell’area e sul rafforzamento dei legami con alcuni Paesi del Golfo, i quali hanno fatto affluire ingenti capitali nel Corno d’Africa negli ultimi anni”, prosegue la scheda che accompagna la proposta di ratifica dell’accordo militare. “Il Primo Ministro ha varato negli ultimi mesi alcuni provvedimenti per superare le tensioni nel rapporto con alcuni gruppi etiopi di opposizione, anche armata, al governo di Addis Abeba, legati in passato ad Asmara. Ne sono testimonianza i decreti di liberazione di alcuni prigionieri politici; l’eliminazione della formazione para-militare Ginbot 7 e dell’Ogaden National Liberation Front dalla lista delle organizzazioni terroriste; la firma dell’accordo di pace con l’Oromo Liberation Front, che per anni ha condotto azioni di sabotaggio ai danni del Governo etiope godendo della protezione di Asmara, e con l’Amhara Democratic Front”.

Ciliegina sulla torta, le “eccellenti” relazioni economiche bilaterali. “L’Italia figura fra i primi partner commerciali dell’Etiopia: è l’8° fornitore a livello mondiale e il 1° a livello europeo nei primi 7 mesi del 2018”, concludono Conte & C. “Alcune delle maggiori imprese italiane sono coinvolte nell’opera di modernizzazione del Paese. Per l’export italiano, l’Etiopia costituisce il 4° mercato di destinazione nell’Africa sub-sahariana”.

Sarebbe però bastata un’occhiata ai più recenti report delle organizzazioni non governative internazionali in difesa dei diritti umani per rendersi conto che il quadro prefigurato dalle autorità italiane per giustificare la partnership militare con Addis Abeba era sin troppo enfatico non del tutto veritiero. Nel dossier 2020 di Amnesty International, ad esempio, l’Etiopia compare tra i paesi africani in cui “continuano numerosi gli attacchi da parte di gruppi armati e dalla violenza comune che causano morti, ferimenti e spostamenti forzati della popolazione”.

“Le risposte da parte delle forze di sicurezza sono state marcate da violazioni dei diritti umani molto diffuse e da crimini secondo le leggi internazionali”, riporta Amnesty. “E’ stato documentato un aumento della violenza etnica che ha condotto a migliaia di morti in tutto il paese e le forze di sicurezza hanno fallito nel loro compito di difesa e protezione della popolazione. Queste ultime, inoltre, specie i membri della polizia regionale e della milizia amministrativa locale, hanno avuto un ruolo attivo, schierandosi con i gruppi etnici d’appartenenza coinvolti nella violenza generale (…) In Etiopia, il governo non ha ancora condotto inchieste approfondite e imparziali sugli abusi degli attori non statali e delle forze di sicurezza – compresi gli assassinii di manifestanti e i numerosi casi di tortura e altri maltrattamenti  nelle prigioni”.

Ma cosa prevede l’accordo di cooperazione militare con l’Etiopia approvato dai disattenti parlamentari italiani? Il testo si apre con un preambolo dove le parti spiegano di voler “consolidare le rispettive capacità difensive” ed “indurre indiretti effetti positivi in alcuni settori produttivi e commerciali di entrambi i Paesi”. Tredici sono invece gli articoli che compongono l’accordo che avrà una durata di cinque anni, “automaticamente rinnovabili per ulteriori periodi di pari durata, sino a quando una delle Parti non decida, in qualunque momento, di denunciarlo, con effetto a 90 giorni”.

All’articolo 3, in particolare, si enumerano le materie della cooperazione: difesa e sicurezza; formazione, addestramento e assistenza tecnica; ricerca e sviluppo in ambito militare e supporto logistico; operazioni di supporto alla pace. All’articolo 4 si specificano invece le modalità con cui si espleterà la partnership tra le forze armate italiane e quelle del paese africano: scambi di visite e di esperienze; partecipazione a corsi, conferenze, studi, fasi di apprendistato e addestramento presso istituti di formazione militari; promozione dei servizi di sanità, compresa la ricerca medica; supporto ad iniziative commerciali relative ai prodotti e ai servizi connessi alle questioni della difesa; ecc..

E’ ovviamente al trasferimento di sistemi d’arma e apparecchiature belliche che si guarda con particolare attenzione. Così all’art. 9 viene auspita la promozione di “iniziative commerciali finalizzate a razionalizzare il controllo sui prodotti ad uso militare” attraverso la “ricerca scientifica, lo scambio di esperienze nel settore tecnico, l’approvvigionamento di equipaggiamento militare”.

L’Etiopia torna così ad essere, ottant’anni dopo la disastrosa disavventura coloniale del fascismo, meta del complesso militare-industriale di casa nostra. Sono gli stessi proponenti della legge di ratifica dell’accordo a sottolinearlo nella scheda tecnica presentata alle due Camere. “L’entrata in vigore dell’Accordo – si sottolinea – consentirà al Ministero della Difesa, d’intesa con il Ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale, di svolgere attività di supporto in favore del Governo etiope in relazione all’eventuale acquisizione da parte dello stesso di materiali per la difesa prodotti dall’industria nazionale, nel rigoroso rispetto dei princìpi, delle norme e delle procedure in materia di esportazione di materiali d’armamento di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.

Un accordo tra Italia ed Etiopia sulla cooperazione nel settore della difesa era stato firmato a Roma il 12 marzo 1998 dall’allora ministro Beniamino Andreatta e dal generale Gebre Tsadkan, viceministro della difesa e Capo di Stato maggiore delle forze armate etiopi. Esso però non entrò in vigore perché non venne avviato il relativo iter parlamentare di ratifica per il sopraggiunto conflitto tra Etiopia ed Eritrea e il conseguente embargo disposto dal Consiglio di sicurezza dell’ONU sulla vendita e la fornitura di armi e materiale militare ai due Paesi belligeranti.

L’embargo fu revocato nel 2001 quando Eritrea ed Etiopia firmarono un accordo di cessazione delle ostilità. Ci sono volute due decadi perché a Roma si tornasse a puntare sugli affari armati con Addis Abeba.

Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com

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