Luigi Corvaglia
1° novembre 2020
Il 29 Ottobre il sito di informazione politica openDemocracy ha rivelato che la Destra religiosa degli Stati Uniti ha investito più di cinquanta milioni di dollari al fine di contrastare l’educazione sessuale, la contraccezione, l’aborto e i diritti LGBT in Africa.
L’investimento più imponente fra quelli dei ben venti gruppi cristiani che hanno investito in Africa è quello della Fellowship Foundation, un gruppo religioso americano che eufemisticamente potremmo definire “riservato”, il cui rappresentante ugandese, David Bahati, è l’autore del famigerato disegno di legge ugndese “Kill the Gays“. Tra il 2008 e il 2018, questo gruppo ha inviato più di 20 milioni di dollari solo in Uganda.
OpenDemocracy aveva già scoperto che un gruppo ancora maggiore, comprendente 28 organizzazioni statunitensi, aveva speso almeno 280 milioni di dollari in tutto il mondo per influenzare le leggi, le politiche e l’opinione pubblica contro i diritti sessuali e riproduttivi.
Scorrerne l’elenco è estremamente interessante. Vi si trovano sigle “scontate” come la Billy Graham Evangelistic Association, fondata dal noto telepredicatore che le fornisce il nome, o come la stessa Fellowship Foundation, ma anche organizzazioni come la Federalist Society e perfino il Cato Institute. Quest’ultimo è un celeberrimo think tank statunitense di orientamento libertario (in inglese è un termine che significa ultraconservatore, ndr), una organizzazione politica che sostiene una filosofia puramente anti-statale e a favore della piena e totale economia di mercato (pertanto, privatizzazione di ogni servizio governativo e abolizione dell’assistenza sanitaria universale, del salario minimo, ecc.).
Questa visione, nota in filosofia politica col nome di anarcocapitalismo, quando è associata al conservatorismo morale, come nel caso proprio del Cato Institute, prende il nome di paleolibertarianism. La commistione di questa concezione politica e di integralismo cristiano è curiosamente da tempo visibile all’opera in un ambito apparentemente incompatibile con tali visioni, quello della “difesa della libertà religiosa”.
Infatti, non privo d’interesse è la presenza nell’elenco dei contributori a questo sforzo di divulgare i valori morali del cristianesimo tradizionalista nel mondo della Family Research Foundation, un gruppo fondamentalista protestante alcuni dei cui rappresentanti apicali sono strettamente legati ad una Commissione del Governo USA che si occupa di “libertà religiosa”, la US Commission for International Religious Freedom (USCIRF).
Questa commissione, di appena 9 membri, 5 dei quali esponenti di spicco di organizzazioni della destra religiosa USA, ha prodotto quest’anno un report in cui individua un rischio per la libertà religiosa nelle organizzazioni di studiosi ed attivisti che contrastano le “sette” abusanti, quali Scientology o i gruppi religiosi costrittivi, in quanto tali studiosi sarebbero diffusori d’odio e negatori dei diritti civili, cosa che appare paradossale alla luce della visione che tendono a implementare negli USA ed esportare in Africa.
Se, come dice Haley McEwen, ricercatrice del Wits Centre for Diversity Studies dell’Università di Witwatersrand a Johannesburg, Sudafrica, i gruppi della destra religiosa americana sono una “rete transnazionale di organizzazioni conservatrici con buone risorse”, è bene sapere che gran parte di queste risorse sono riversate in Africa. Ciò probabilmente perché la loro battaglia culturale in patria si sta perdendo. Il matrimonio fra persone dello stesso sesso, ad esempio, è entrato in vigore in molti stati americani, ma la battaglia culturale è ancora a loro favore in Africa, dove le relazioni omosessuali sono ancora criminalizzate in molti paesi. Così, solo due associazioni, Human Life International e Heartbeat International, sono riuscite a spendere 4,3 milioni di dollari nel continente e, come openDemocracy aveva già scoperto, violare anche le leggi locali. Ad esempio, i “centri di crisi per la gravidanza” affiliati a Heartbeat violano la legge sudafricana sulla consulenza sull’aborto.
Un altro gruppo statunitense,
(FWI), sta conducendo una campagna per vietare l’educazione sessuale completa (CSE) in almeno 10 paesi africani, anche attraverso il sito web “Stop CSE”. La stessa Family Watch International che nel corso di questo decennio si è dedicata a formare politici africani di alto livello su come condurre campagne contro l’educazione sessuale e i diritti LGBT.
Secondo il rapporto di openDemocracy, nessuno di questi gruppi statunitensi rivela i loro finanziatori o i dettagli di come esattamente spendono il loro denaro all’estero, ma si sa che, al di fuori degli Stati Uniti, questi gruppi – molti dei quali sono legati all’amministrazione Trump – hanno speso più soldi in Africa che in qualsiasi altra parte del mondo, tranne che in Europa.
“Negli ultimi dieci anni, le lotte contro la sessualità e i diritti riproduttivi in Africa hanno rispecchiato le guerre culturali americane, proprio perché i gruppi statunitensi hanno una mano in queste guerre”, dice Lydia Namubiru, Editor di openDemocracy per l’Africa. “Con questa indagine è la prima volta che abbiamo un’indicazione di quanto denaro hanno investito”.
La storia non è nuova, già nel 2005, il Piano di emergenza per l’AIDS del Presidente George W. Bush (PEPFAR) ha riservato due terzi dei suoi fondi per la prevenzione dell’HIV alle campagne di astinenza e fedeltà che erano fortemente sostenute dai conservatori religiosi. Il PEPFAR ha speso circa 1,4 miliardi di dollari per tali programmi. Ciò che è nuovo è l’imponenza dello sforzo attualmente diretto verso l’Africa.
Secondo Frederick Clarkson, un ricercatore del think tank Political Research Associates del Massachusetts che ha messo in evidenza i legami tra gli attivisti religiosi statunitensi e la legislazione anti-gay in Uganda nel 2004, la crescente spesa e l’aumento dell’impegno di questi gruppi in Africa sarebbe da ricercarsi nella volontà di contrastare l’ONU. Infatti, le Nazioni Unite sono andate caratterizzandosi sempre di più per una filosofia progressista e per la promozione di politiche incluive ed anti discriminatorie, di difesa dei diritti civili. L’azione, quindi, di prendere il controllo di nazioni povere e allinearle agli interessi conservatori comporta una compensazione, perché riassetta l’equilibrio in favore della conservazione.
Luigi Corvaglia
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