Cornelia I. Toelgyes
14 ottobre 2020
Le trattative per la liberazione dei quattro ostaggi, Padre Pierluigi Maccalli, il ciclista Nicola Chiacchio, la volontaria francese Sophie Pétronin e il politico maliano Soumaïla Cissé, hanno concesso una breve tregua alle popolazioni del Sahel, le più colpite dagli attacchi jihadisti e già fortemente provata da povertà estrema e assenza di Stato. Il riscatto di 30 milioni pagato per il loro rilascio non ha placato gli animi dei terroristi.
Infatti la pausa non è durata a lungo. Dopo aver ricevuto rinforzi consistenti dai compagni liberati da diverse galere del Mali e/o di un Paese vicino, i terroristi, e tra questi anche personalità di “gran fama”, dopo aver lasciato la loro roccaforte sono tornati alle loro abituali attività criminali. Sono scesi per questo dai monti Tigharghar, un insieme di catene montuose che si estendono dal sud dell’Algeria verso il Mali e il Niger, in territorio desertico.
E così nella notte tra lunedì e martedì si è scatenato l’inferno. Un gruppo di jihadisti, ha invaso la zona di Mopti, al centro del Mali, nell’area di Bankass.
E’ stata attaccata anche la postazione militare di Sokoura e, secondo quanto è stato riportato da fonti dell’esercito, 12 soldati sono stati uccisi e altri 14 feriti. Il bilancio è ancora provvisorio. Secondo la stessa fonte, durante gli scontri hanno perso la vita anche nove militanti.
Immediatamente sono stati inviati rinforzi, che però sono caduti in un’imboscata sulla strada tra Bandiagara e Bankass. Stessa sorte è toccata a un pullman carico di passeggeri civili. Dodici viaggiatori sono stati ammazzati, tra questi due donne e un bimbo.
Invece sabato, nella regione di Segou, al centro del Paese, sono stati presi in ostaggio 20 abitanti del villaggio di Farabougou, alcuni sono stati liberati, altri 9 sono ancora nelle mani dei criminali. I jihadisti che ora controllano la zona, hanno bloccato tutte le vie di accesso, impedendo qualsiasi approvvigionamento. La popolazione sopravvissuta è allo stremo: secondo alcune fonti 3 bambini sarebbero già morti di fame. Altri 22 residenti sono stati feriti dalle pallottole dei terroristi, mentre sei sono morti all’istante.
La gente chiede aiuto da quasi una settimana, ma nessuno risponde.
Tra i prigionieri liberati dal governo di transizione maliano, come richiesto dal capo indiscusso del Sahel, Iyad Ag Ghali, troviamo alcuni terroristi di “fama internazionale”.
1. Il mauritano Fawaz Ould Ahmed, che, prima del suo arresto avvenuto nel 2016, ha organizzato alcuni tra gli attentati che restano nella memoria. Ha iniziato la sua carriera come uno dei capi del gruppo Mourabitoune, legato a AQMI (al Qaeda nel Magreb islamico), fondato da Mokhtar Belmokhtar, partecipando nel marzo 2015 all’attacco del ristorante “La Terrasse” di Bamako, la capitale del Mali. In seguito è stato tra gli ideatori e organizzatori di altri due gravi atti terroristici: l’attentato all’albergo Byblos de Sévaré nell’agosto 2015 e a marzo 2016 quello al Resort di Grand-Bassam in Costa d’Avorio. Durante la sua prigionia ha rivelato parecchi particolari sulle organizzazioni jihadiste nel Sahel agli investigatori francesi che lo hanno interrogato nel 2018. Chissà come sarà stato accolto dopo la liberazione. Come eroe o traditore?
2. Altro nome illustre è Mimi Ould Baba Ould Cheick, arrestato nel 2017 dai militari francesi di Barkhane – truppe di oltrealpe presenti in tutto il Sahel con 5.100 uomini – e ritenuto uno dei cervelli dell’attacco al Hotel Splendid e Le Cappuccino, un caffè-ristorante di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, nel 2016 e del Grand-Bassam in Costa d’Avorio.
I due non figuravano in nessuna delle liste di nomi pervenute alle autorità maliane, ma sono liberi. Nessuno dei negoziatori e mediatori ha voluto parlare di loro; ma una fonte ben informata che ha avuto accesso agli elenchi – 3 in tutto – ha riferito a Serge Daniel, autorevole e apprezzato giornalista beninois che vive in Mali, collaboratore di importanti testate francesi e anche di Africa ExPress, che i nomi non sono apparsi da nessuna parte per discrezione.
Gli altri oltre 200 prigionieri liberati non sono figure jihadiste di rilievo. Alcuni avrebbero partecipato a aggressioni importanti, rivendicati dal raggruppamento terrorista Gruppo di Sostegno all’Islam e dei Musulmani (Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin, JNIM).
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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