12 ottobre 2020
Greenpeace denuncia che le licenze di pesca rilasciate dal governo del Senegal siano poco trasparenti. Tale prassi permetterebbe ai pescherecci stranieri un eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche nelle acque territoriali del Paese.
In particolare l’ Organizzazione per la difesa dell’ambiente accusa di pesca illegale i natanti industriali cinesi. Per fermare il drastico calo delle ricchezze marine, il governo di Dakar sostiene di aver bloccato il rilascio di nuove licenze dal 2012. “Eppure gli stranieri, in particolare i cinesi, continuano a ottenere autorizzazioni. Li vediamo mentre caricano tonnellate di pesce nelle nostre acque”, afferma un membro della Piattaforma degli attori della pesca artigianale senegalese (PAPAS).
“Noi non vediamo praticamente più pesce spada e pagelli”, lamenta furioso un uomo di Kayar, città costiera che dista una cinquantina di chilometri da Dakar. Lui esce in mare da oltre 32 anni.
Gaipes (Raggruppamento degli armatori e industriali della pesca nel Senegal n.d.r.) ha scritto una lettera aperta al presidente della ex colonia francese, Macky Sall, per denunciare le richieste di licenza di 52 imbarcazioni perché mirano allo sfruttamento eccessivo delle risorse marine senegalesi, già quasi prosciugate da specie pelagiche costiere o pesci dei fondali, come il nasello.
In effetti, le autorità responsabili avevano annunciato il 6 giugno di aver rifiutato le licenze a 52 navi straniere e di aver rinnovato solamente a quelle senegalesi. Eppure, l’imbarcazione cinese Fu Yuan Yu 9889, uno dei 4 natanti che hanno ottenuto la licenza e che inizialmente figurava nella lista dei 52 stranieri ha ottenuto i documenti, chiedendo e ottenuto prima la nazionalità senegalese. In due settimane ha espletato tutto l’iter burocratico. Prendere la bandiera locale è un atto indispensabile in mancanza di accordo di pesca tra Cina e Senegal. “Ha cambiato nazionalità e ottenuto la licenza con la rapidità di un rinnovo”, ha sottolineato Fatou Niang, membro della Gaipes.
Autorizzazione firmata o meno, secondo i pescatori artigianali i grandi pescherecci industriali stranieri continuano a svuotare i mari senegalesi e nessuno è a conoscenza se sono in possesso di una licenza regolare valida.
Aliou Ba, consigliere politico di Greenpeace Africa, crede che i quatto pescherecci in questione non siano mai passati davanti alla commissione consultiva per l’attribuzione alle licenze di pesca (CCAL), indispensabile per ottenere i documenti necessari.
Il militante della ONG ha puntato il dito anche contro quei pescherecci stranieri che utilizzano società di comodo senegalesi o dei prestanomi a capitale ridotto per poter battere bandiera del Senegal e ottenere in tal modo le licenze da pesca. “Sono tutti processi poco trasparenti e dunque questa pesca è illegale”, ha aggiunto Ba ai reporter di Monde Afrique.
Inoltre, le autorità del Paese non hanno mai risposto a Greenpeace che aveva richiesto la lista dei pescherecci autorizzati a pescare nelle acque senegalesi dal 2011 a oggi.
E i pescatori locali lamentano che dal 2006 hanno perso il 60 per cento del loro guadagno. Anche le donne dedite alla trasformazione del pesce sono disperate: manca la materia prima, come sardine, sgombri e acciughe.
Africa ExPress
@africexp
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