Cornelia I. Toelgyes
23 settembre 2020
La storica scuola italiana di Asmara, istituita nel 1903, ha chiuso temporaneamente i battenti. Lo si legge in un decreto firmato il 31 agosto 2020 dal chargé d’affaires dell’Ambasciata italiana in Eritrea. Il nuovo ambasciatore, Marco Mancini, è stato nominato solamente pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri.
L’anno scorso l’istituto contava un migliaio di iscritti, solo il 10 per cento erano italiani.
I motivi della chiusura sono molteplici e la responsabilità è certamente da attribuire a entrambi i governi, l’inizio della crisi è cominciata già diversi anni fa. E è peggiorata con il taglio delle spese per le scuole italiane all’estero (DL 64/2017 e DM 2051/2018), impedendo così l’impiego di supplenti. In tal modo è stato necessario ricorrere al costante reclutamento di docenti locali; spesso le cattedre erano scoperte e questo ovviamente a scapito della qualità della formazione scolastica. Certamente l’Eritrea ha interpretato questo come un gesto di minor interesse da parte del nostro governo verso la scuola di Asmara.
La situazione è ulteriormente precipitata a marzo di quest’anno perchè la preside dell’istituto non avrebbe concordato la sospensione didattica, volta a evitare l’espandersi della pandemia, con le autorità locali competenti. A nulla è valso l’intervento del presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, presso il governo eritreo. Asmara non ha rinnovato la licenza con conseguente rescissione dell’accordo bilaterale del 2012 e ha posto i sigilli allo stabile.
Gli studenti di nazionalità italiana hanno poi potuto sostenere l’esame di maturità regolarmente, cosa che è stata negata agli studenti eritrei, che sono costretti a affrontare tale prova a Sawa, dove sono stati arruolati insieme ai loro connazionali.
Non si esclude che dietro tutto ciò ci sia anche la volontà di nazionalizzare la scuola, come è stato fatto lo scorso anno con altri istituti di proprietà della Chiesa cattolica nel Paese. In tale occasione la dittatura si era però appellata all’applicazione di una normativa del 1995 che limita le attività delle istituzioni religiose.
In passato gli studenti eritrei più meritevoli dell’istituto italiano di Asmara godevano di borse di studio elargite dal nostro governo con l’intento di contribuire alla formazione delle giovani eccellenze eritree. Da una decina di anni e forse più l’assegnazione di finanziamenti per motivi di studio in favore di studenti della nostra ex colonia è diventata sempre più rara, per sparire quasi del tutto. Il regime di Isaias è al quanto reticente nel concedere i visti per loro, dal momento che non possono lasciare il Paese prima di aver terminato l’addestramento militare di base che dura parecchi anni. Un intervento da parte del governo italiano sarebbe stato inutile, sarebbe stato visto come un’interferenza negli affari interni.
All’inizio del mese sono stati postati foto e video sui social network che inquadrano giovani nella capitale Asmara mentre vengono caricati sui pullman senza mascherina, diretti al campo di addestramento Sawa, nell’ovest del Paese. Non è cambiato nulla dopo il trattato di pace del 2018 siglato con l’Etiopia, l’acerrimo nemico di sempre.
Come ogni anno, il regime costringe migliaia di giovani e giovanissimi a terminare l’ultimo anno delle scuole secondarie nel famigerato campo militare Sawa, dove ragazzi e ragazze, oltre allo studio, vengono sottoposti a duro addestramento militare in condizioni climatiche spesso proibitive.
Se in questo inferno la vita è dura per i ragazzi, possiamo solo immaginare cosa sia per le ragazze. E in questo periodo non vengono applicati provvedimenti volti a arginare la diffusione del virus: i dormitori sono strapieni, nessun distanziamento sociale e l’assistenza sanitaria è carente, come riporta l’Organizzazione Human Rigts Watch in un suo recente articolo.
L’impatto con Sawa è terribile per tutti; in Eritrea nessun giovane può sognare il proprio futuro, tutto è scritto dalla nascita. Gli studenti meritevoli, terminate le scuole secondarie, possono frequentare il college (università militare) nella struttura stessa e in seguito vengono mandati a lavorare per il governo in vari ministeri. Gli altri, invece, sono costretti a frequentare corsi professionali, il che significa, quasi sempre, servizio militare.
Christian Solidarity Worldwide (CSW), un’organizzazione per i diritti umani specializzata nella libertà di culto, ha fatto sapere che il regime eritreo ha rilasciato recentemente 27 eritrei cristiani pentecostali. Alcuni di loro giacevano nella prigione di Mai Serwa, non lontana dalla capitale Asmara, da 16 anni senza alcun processo.
Secondo alcune fonti di CSW, sembra che la liberazione dei 27 (19 uomini e 8 donne) sia in qualche modo connessa con Covid-19; fanno parte del primo gruppo di detenuti rilasciati su un totale di 54 che le autorità asmarine intendono scarcerare prossimamente. Un altro gruppo di 22 (sopratutto donne e minori) appartenenti alla chiesa metodista sarebbero stati liberati a luglio. Finora non sono stati resi noti i loro nomi.
Tuttavia, per evitare che lascino il Paese, queste persone sono libere solo su cauzione; hanno dovuto dare in garanzia i documenti delle loro proprietà o quelle di un garante. Dal 2002 il governo riconosce solamente l’islam sunnita, la Chiesa ortodossa eritrea, la Chiesa cattolica romana e quella luterana.
Ancora oggi la dittatura detiene decine di migliaia dei suoi cittadini in più o meno 300 putride galere sparse su tutto il territorio nazionale. La maggior parte di questi sfortunati sono incarcerati perchè hanno osato criticare il regime; detenzioni extragiudiziali, sparizioni forzate continuano e spesso i familiari non hanno notizie dai loro congiunti per anni.
E se da un lato l’Eritrea sembra aver rilasciato alcuni detenuti per evitare l’espandersi della pandemia – i dati ufficiali non riportano decessi collegati a Covid-19, solo 364 contagiati, tra questi 305 guariti – il regime continua l’arruolamento forzato di giovani.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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E chi se ne frega un costo in meno per lo stato italiano non dimentichiamoci che questi signori ci hanno cacciato con una valigetta è un calcio nel culo,dopo essere nati e vissuti nel paese per decenni,solo perché ITALIANI BIANCHI.
il classico inorante fascista che vorrebbe magari la rivincita per pareggiare, mio dio quante persone prive di cuore e cervello. Dio mandali tutti all'inferno....