Mauro Armanino
Niamey, 7 settembre 2020
Per presentare l’atteso rapporto sui massacri di civili hanno scelto l’hotel Radisson Blu di Niamey che si trova presso il Palazzo dei Congressi, non lontano dal fiume Niger adesso in piena.
Nell’edificio si trovano 189 camere disegnate in stile moderno e confortevole. Una notte costa 209 euro, cioè 137 mila franchi locali, con riduzioni secondo la stagioni, nel Paese in cui il salario minimo è di 30 mila franchi CFA.
Nella sala di conferenza del lussuoso albergo, la Commissione Nazionale dei Diritti Umani (CNDH), ha reso pubblico l’esito delle indagini effettuate nell’ovest del Paese, alla frontiera col Mali. La Commissione, autorità indipendente incaricata di proteggere i diritti umani nel Niger, ha sottolineato che i massacri sono stati perpetrati dalle Forze di Difesa e di Sicurezza. Tale versione contrasta con quanto affermato a suo tempo dai ministri della Difesa e degli Esteri. Almeno 71 persone sono state assassinate nel comune rurale di Inatès, zona nella quale, solamente quest’anno sono stai uccisi oltre 90 capi tradizionali, considerati dai gruppi armati terroristi come uno dei simboli dello Stato.
Le popolazioni, in preda al panico, sono fuggite a migliaia e hanno scelto di rifugiarsi in luoghi ritenuti più sicuri. Una copia del rapporto completo di 500 pagine della Commissione è stato inviato anche al Presidente Mahamadou Issoufou e al presidente dell’Assemblea Nazionale. Sarà reso pubblico tra una settimana e l’amministrazione o gli autori messi in causa hanno un mese per rispondere alle conclusioni del fascicolo e potrebbero anche essere citati in giudizio.
La CNDH ha portato a termine un compito davvero difficile e delicato e per la prima volta hanno “ufficialmente” messo in dubbio l’operato delle Forze di Difesa. D’altronde altri giornalisti stranieri e un rapporto delle Nazioni Unite, avevano già accusato i militari maliani, burkinabè e nigerini di crimini contro i civili.
Il fatto che sia stata la CNDH del Niger a denunciare gli abusi è un fatto da non sotovalutare. La verità, bistrattata, tradita, confusa, travisata, coperta, manipolata, usata e ferita, riesce ancora ad emergere dalla sabbia dalla quale proviene e alla quale tornerà.
Esiste, com’è noto, una relazione del tutto particolare tra lei, la verità e la sabbia, scomoda, tenace, paziente, ostinata, cruda, sincera, adattabile e inevitabile. Di certo finirà così tra le due, che si intenderanno e come spesso succede, si metteranno d’accordo prima di arrivare al palazzo di Giustizia, anche’esso fatto di sabbia. Sabbia e verità stanno proprio bene assieme.
C’era stato un gran polverone mediatico, nella capitale, quando si era ‘scoperto’ un segreto da tutti conosciuto e non confessato. Nell’ambito degli acquisti per armi ed equipaggiamenti per la difesa, sono letteralmente scomparsi miliardi di franchi CFA.
Magari l’inchiesta andrà avanti, altri nomi eccellenti saliranno alla ribalta per qualche tempo e alcuni giuristi militanti prometteranno di portare l’inchiesta fino in fondo. Ma tutti, in fondo, sanno bene come finirà la storia, arrangiamenti e giustificazioni, errori imputabili al sistema dei contratti poco trasparenti, favoritismi di partito e amnistia.
La sabbia, un’altra volta, tornerà, sorniona e abituata agli scandali perpetui senza risoluzione se di mezzo ci stanno i grandi. Negli ingranaggi e nei mezzi di comunicazione che del potere vivono e dipendono, così come le decine di partiti satellite che ruotano attorno a chi si gestisce il potere.
Le prossime elezioni saranno anch’esse di sabbia, come il paziente lavoro per le carte biometriche che dovrebbero ridurre le possibilità di frode, come l’opposizione e la maggioranza perché uno ha bisogno dell’altro per perpetuarsi e come il terrorismo senza fine del Sahel. Solo e se le ‘sabbie’ e le “verità” di tutto il mondo si unissero si darebbe un futuro differente. A Niamey, nel frattempo, si potrebbe cominciare con l’invito dei famigliari delle vittime nell’hotel Radisson Blu.
Mauro Armanino
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