Sandro Pintus
Firenze, 22 agosto 2020
“Il Vertice accoglie la richiesta del Mozambico nel porre l’attenzione della SADC sui violenti attacchi che lo hanno preso di mira. Esprime solidarietà e si impegna a sostenere il Mozambico nella lotta al terrorismo e condanna gli attacchi armati”. Queste righe sono apparse nel documento finale del 40° Vertice della Comunità di Sviluppo dell’Africa Australe (SADC).
L’ultimo summit ordinario della Comunità che rappresenta 16 Paesi dell’Africa Australe si è tenuto a Maputo ed è terminato il 17 agosto. Il meeting è stato inaugurato dal capo dello stato mozambicano, Filipe Nyusi che avrà la presidenza di turno per un anno. Un vertice virtuale, con pochi rappresentanti ‘de visu’ e la maggioranza in videoconferenza, a causa del Covid-19 ma occasione unica per i problemi del Mozambico.
Problemi che, a Cabo Delgado, provincia settentrionale del Paese negli ultimi due anni sono andati peggiorando per i continui attacchi di gruppi jihadisti. Ora, con la presidenza SADC, l’ex colonia portoghese avrà l’occasione per cercare di convincere le 16 Nazioni che ne fanno parte a prendere decisioni concrete. Il Centro per la Democrazia e lo Sviluppo (CDD), che rappresenta parte della società civile, pensando alla presidenza SADC del Mozambico fa alcune domande. Sia al governo mozambicano che anche alla Comunità dei sedici.
Come il Mozambico trarrà vantaggio dalla sua presidenza SADC per mobilitare il sostegno dei Paesi membri nella lotta contro la violenza armata a Cabo Delgado? Quali strategie ha la presidenza SADC per esercitare una maggiore pressione per evitare che il terrorismo nel nord del Mozambico contagi i Paesi vicini? Che valore aggiunto avrà la presidenza SADC del Mozambico nell’organizzazione regionale per la lotta contro il terrorismo? Che tipo di appoggio possono offrire al Mozambico i Paesi SADC nella lotta contro l’estremismo violento? Domande non facili che devono andare oltre la mera solidarietà espressa fino ad oggi. In pratica occorrono aiuti economici per la popolazione in fuga dalla guerra e aiuti militari per sconfiggere la violenza jihadista.
Nyusi, aveva richiesto un summit straordinario con la troika SADC, organo della Politica per la difesa e la sicurezza dei 16 Paesi membri. L’incontro si è tenuto il 19 maggio scorso ad Harare, in Zimbabwe, dove il presidente mozambicano ha illustrato la grave situazione di Cabo Delgado. La posizione presa dalla troika, è stata piuttosto tiepida.
Intanto, a Cabo Delgado, le Forze di difesa mozambicane combattono ancora per liberare Mocimboa da Praia e il porto, strategico per i giacimenti di gas. Sessanta chilometri a nord si trovano gli impianti di ENI, ExxonMobil e Total difesi militarmente. La violenza jihadista dei gruppi di Al Sunna wa-Jama, ora affiliata all’ISIS, ha portato morte e distruzione. Dall’ottobre 2017, secondo dati dell’ong ACLED, ci sono stati oltre 1.300 morti e 250 mila sfollati, in continuo aumento.
La maggior parte di questi si sono spostati intorno a Pemba, capoluogo della provincia. Anche Papa Francesco, preoccupato per la situazione di Cabo Delgado, ha telefonato – a sorpresa – il vescovo di Pemba, Luiz Fernando Lisboa. ”Seguo gli eventi della vostra provincia con grande preoccupazione” – ha detto il pontefice. “Non esitate a chiedere se c’è qualcos’altro che posso fare”. Anche una telefonata del Papa più essere utile a portare la grave situazione di Cabo Delgado sotto i riflettori dei media a livello internazionale.
Sandro Pintus
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