Cornelia I. Toelgyes
11 luglio 2020
Il Tesoro statunitense ha imposto sanzioni contro Bi Sidi Souleymane, alias Sidiki Abbas, capo del gruppo ribelle 3 R (Retour, Réclamation et Réhabilitation) centrafricano e ha congelato tutti i suoi beni negli USA. In precedenza anche il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha applicato misure simili nei confronti di Souleyman, compreso il divieto di viaggio.
Apparso per la prima volta sul teatro della guerra civile in Centrafrica nel 2015, l’obiettivo del raggruppamento 3R è quello di proteggere i fulani, pastori seminomadi, per lo più musulmani, dagli attacchi degli anti-balaka (vi aderiscono per lo più cristiani e animisti). E Souleymane è un fulani di origine camerunense, fuggito dal suo Paese perchè in contrasto con il governo di Paul Biya, presidente del Camerun, il cui esercito gli dà la caccia da anni.
Già nel 2016 l’organizzazione Human Rights Watch aveva accusato il raggruppamento ribelle di crimini terribili in Centrafrica, in particolare nell’area di Bocaranga, a 500 chilometri dalla capitale Bangui, dove già all’epoca 17mila persone sono fuggite dalle loro abitazioni. Il gruppo ha sempre giustificato i propri attacchi come risposta a quelli degli anti-balaka contro i fulani.
Nel febbraio 2019 il leader di 3R ha firmato l’ennesimo trattato di pace in Sudan insieme a altri 13 gruppi ribelli e al suo ritorno a Bangui gli è stato persino assegnato la poltrona di “consigliere militare speciale” presso il gabinetto del primo ministro. Ma ciò non gli ha impedito di proseguire le aggressioni, di seminare morte tra la popolazione civile e militare. E poco meno di un mese fa i ribelli hanno attaccato un convoglio di MINUSCA – Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana – nella prefettura nord-occidentale di Nana-Mambéré, uccidendo un casco blu e ferendo altri due.
Il Paese in ginocchio da anni di guerra civile, è molto ricco di giacimenti minerari, che fanno gola a molti Paesi, in particolare alla Russia, che da diversi anni ha rafforzato la sua presenza nella ex colonia francese. Insieme alle armi, da Mosca sono arrivati militari (una trentina fanno parte anche di MINUSCA), ma sopratutto mercenari del gruppo Wagner, contractors al servizio del governo di Putin, sono uomini pronti a tutto, addestrati alla guerra, quasi sempre ex militari delle forze armate russe e ex sovietiche .
Ma la collaborazione fra Cremlino e Centrafrica va oltre: il consigliere per la sicurezza del presidente Touadéra è il russo Valery Zakharov, responsabile anche della protezione personale del capo di Stato, inoltre una quarantina di uomini delle forze speciali di Mosca fanno parte della sua guardia personale.
In cambio Mosca gode di licenze per lo sfruttamento minerario. E sembra che una nuova sia in arrivo. Proprio in questi giorni la società canadese Axmin, quotata in borsa, ha denunciato che il governo di Bangui ha ritirato le autorizzazioni per la miniera aurifera di Ndassima, nella regione di Bambari, al centro del Paese.
Axmin, attiva dal 2006 in Centrafrica, lamenta che destinatario della nuova concessione sarà probabilmente una società amica di Mosca e spunta il nome di Midas Ressources, compagnia ancora poco conosciuta nell’ambiente. Dal suo sito internet, aperto solo poco più di un anno fa, si evince che Midas Ressources è specializzata nella produzione di diamanti, oro, rame e cromo.
Il gruppo di esperti dell’ONU, incaricato di sorvegliare l’embargo sulle armi – alleggerito grazie all’intervento della Russia in Consiglio di Sicurezza – nel suo rapporto pubblicato a metà luglio lamenta la presenza di combattenti stranieri. Parecchi scontri e attacchi sarebbero stati alimentati proprio grazie all’arrivo di armi e mercenari dall’estero, in particolare dal Sudan.
Nel fascicolo degli esperti del Palazzo di Vetro viene citato anche un italiano, un certo Elio Ciolini, alias Bruno Lugon, molto vicino all’estrema destra e con precedenti giudiziali. Tempo fa Ciolini aveva ottenuto un incarico dall’ufficio della presidenza di Bangui. Il faccendiere italiano è stato destituito dalle sue funzioni a giugno, accusato tra febbraio e aprile di aver cercato di rovesciare il governo centrafricano. Ora è in stato di arresto con l’accusa di atti sovversivi.
La crisi dell’ex colonia francese comincia alla fine del 2012: il presidente François Bozizé dopo essere stato minacciato dai ribelli Séléka (fanno parte per lo più miliziani di fede musulmana) alle porte di Bangui, chiede aiuto all’ONU e alla Francia. Nel marzo 2013 Michel Djotodia, prende il potere, diventando così il primo presidente di fede islamica del Paese. Dall’era François Bozizé il Paese ha visto alternarsi ben quattro presidenti: Michel Djotodia, Alexandre-Ferdinand N’Guende, Catherine Samba-Panza e infine Faustin-Archange Touadéra, eletto nel marzo 2016. E ora si avvicinano nuove elezioni, previste per la fine di quest’anno e, tra i candidati per la poltrona più ambita del Paese spunta di nuovo Bozizé.
La popolazione è allo stremo da anni di conflitti interni. La situazione umanitaria desta sempre grande preoccupazione. Su una popolazione di 4,8 milioni di abitanti, 1,2 milioni di bambini si trovano in uno stato di estrema necessità, tra questi 5.779 piccoli sotto i cinque anni soffrono di malnutrizione grave, 2,6 milioni di persone abbisognano di aiuti umanitari. Il numero degli sfollati interni è sempre molto elevato,sono poco meno di 660.000, mentre oltre 629.000 hanno cercato protezione nei Paesi limitrofi.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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