Speciale per Africa ExPress
Elisabetta Crisponi
1°agosto 2020
La Camera di Commercio Africana (AFCHAM) è un’organizzazione commerciale non-profit, che mira a rafforzare i legami commerciali tra l’Africa e la Cina. L’attuale Presidente, D. Nkwetato Tamonkia, è in Cina dal 2005. Il suo talento nella leadership gli ha permesso di eccellere nel settore dell’istruzione, delle organizzazioni non governative e degli affari internazionali pubblici.
Presidente, quando è entrato a far parte della Camera di Commercio Africana? «Sono parte della Afcham da maggio 2015, ossia dalla sua fondazione. La nomina di Presidente è solo un titolo di rappresentanza, ciò che conta è essere un membro attivo e contribuire nel modo giusto. La dirigenza è comunque impegnativa: si lotta tra mantenere bassi i costi e realizzare progetti di alta qualità. Poiché rappresentiamo un intero Continente, qualsiasi cosa realizzata è valutata dai 54 Paesi africani».
In che modo Afcham promuove gli interessi delle comunità africane in Cina? «Abbiamo temi all’ordine del giorno e preferiamo cooperare con persone, organizzazioni e servizi governativi consci del lavoro che svolgiamo. La nostra prima missione in Cina è stata raggruppare africani di ogni ceto sociale. Contattare diplomatici, imprenditori, insegnanti, studenti, ecc., spiegando loro quanto è importante riferirsi a noi per reti commerciali, tirocini, posti di lavoro, eventi culturali e quant’altro».
Come contribuite a migliorare le relazioni sino-africane? «Facilitiamo gli investimenti da parte delle aziende cinesi in Africa, studiando le probabilità di riuscita dei progetti, tessendo la rete di contatti necessaria, conducendo e mediando colloqui tra entità cinesi e africane, e assicurandoci che gli accordi siano equi. Abbiamo condotto missioni commerciali cinesi in diversi Stati africani, e abbiamo facilitato l’introduzione di alcuni prodotti africani in Cina, come nel caso di legno, caffè, vini, cacao, sesamo».
Qual è il ruolo di Afcham nella promozione della cultura africana in Cina? «Festeggiamo l’Africa Day ogni anno, evento in cui emergono vari aspetti culturali come musica, danza, cibo, moda e arte. Sponsorizzare i nostri costumi in Cina non è semplice, a causa di certi pregiudizi che esistono nel Paese. Le organizzazioni, i governi e i cittadini devono impegnarsi per promuovere un’immagine positiva e reale del Continente africano, utilizzando gli strumenti mediatici che abbiamo a disposizione. Dovremmo essere noi stessi a raccontare la nostra storia».
Quali sono le vostre potenzialità e sfide nel contesto finanziario e istituzionale cinese? «Le potenzialità sono enormi tanto quanto le sfide. La principale risorsa della Cina è l’elevato numero di abitanti. Pertanto, in termini finanziari, il maggior potenziale è la possibilità di assunzione che ogni azienda dà a milioni di persone, ma la sfida è competere con altrettanti milioni di aziende. Le istituzioni qui ti giudicano in base alle tue finanze. Il denaro ti apre le porte e parla a tuo nome. Questa è la Cina».
Recentemente, come riportato dai media internazionali, nella città cinese di Guangzhou molti africani hanno subito discriminazioni razziali durante l’epidemia di COVID-19. Come crede che le comunità africane possano integrarsi meglio in Cina? «Gli incidenti di Guangzhou sono stati un grande shock per molte persone in Cina e all’estero. Ma ogni africano che ha vissuto in Cina per molti anni può raccontare episodi in cui si è sentito discriminato. Ovviamente questo non riguarda solo la Cina, e l’avvento del COVID-19 ha mostrato il lato bruto dell’umanità a livello globale. In questo caso, spetta ai diplomatici dei Paesi africani ascoltare le grida dei cittadini. La loro realtà in Cina è sicuramente diversa da quella vissuta da un commerciante africano a Guangzhou. La vera amicizia tra Cina e Africa non può continuare ad essere solo una questione governativa. In Cina, per esempio, gli africani sono gli unici a non poter insegnare l’inglese. Siamo ancora lontani dal raggiungimento di una totale inclusione delle persone africane a livello sociale».
Quali sono i suoi suggerimenti per i giovani africani interessati a iniziare un’esperienza accademica o professionale in Cina? «I giovani africani che studiano in Cina attualmente sono circa 60.000. Chi ha risposte e motivazioni giuste, al di là di quale sia il suo lavoro, può sicuramente affrontare un’esperienza in suolo cinese. Ma anche i giovani che lavorano già in Cina, ogni giorno dovrebbero chiedersi: Cos’è veramente una casa? Perché non sono a casa? Lasciare la propria terra per arricchirsi in esperienze e professionalità, significa anche poterci tornare per migliorarla. AFCHAM rappresenta un “trampolino” per giovani africani che aspirano a un futuro migliore».
Elisabetta Crisponi
elicrisponi@hotmail.it