Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
31 luglio 2020
Troppa Africa, da buon belga, deve avergli dato alla testa. Dopo 10 anni trascorsi ad allenare squadre di calcio di 10 Paesi diversi del continente nero, l’altro giorno è sbottato: “Il vostro Paese non mi piace. Voi tanzaniani siete senza istruzione e senza educazione. Sono disgustato. Non ho né auto né WiFi. I vostri campi di calcio in Europa non si vedono neppure in settima divisione. I dirigenti delle vostre società sono zero. Non contano niente presso la Federazione. I tifosi non capiscono un accidente di calcio, urlano come scimmie e abbaiano come cani”.
Che cosa può capitare a un allenatore di calcio che si esprime così? Come minimo che venga licenziato sui due piedi. Come massimo che venga invitato a lasciare il Paese che lo ospita il più velocemente è possibile.
E’ quello che è successo, lunedì 27 luglio, al belga Luc Eymael, 61 anni, allenatore dei “giganti” della Tanzania, lo Young Africans SC (Yanga), una delle squadre più popolari e titolate dello Stato, nonostante abbia sede nella povera circoscrizione urbana Jangwani di Dar es Salaam.
“Siamo rattristati da queste parole e ci scusiamo con la Federazione tanzaniana di calcio, con i tifosi e la cittadinanza tutta per gli insulti e le offese del manager – ha commentato il segretario generale del club, Simon Patrick -. La nostra società crede nel rispetto e nella dignità e si oppone a qualsiasi forma di razzismo. Per questo la leadership dello Yanga Club ha deciso di licenziare il signor Luc Eymael e assicurarsi che lasci il Paese il più presto possibile”.
Le dichiarazioni dell’allenatore risalgono alla settimana scorsa, al termine della partita giocata il 22 luglio e finita 1-1 contro il modesto Mitbwa Sugar (della cittadina Turiani, nota per le coltivazioni della canna da zucchero). La sua squadra ha poi giocato domenica 26 battendo per 1-0 il Lipuli (terz’ultimo), e si è classificata seconda, dietro il suo più odiato competitor, il Simba Sports Club (allenato pure lui da un belga Sven Vandenbroek), vincitore dello “scudetto”.
Il campionato tanzaniano era stato il primo a ripartire in Africa dopo 3 mesi di blocco legato alla pandemia del coronavirus. Tutti i paesi africani si erano fermati (a parte il Burundi). Forse la rabbia di non aver conquistato il titolo e le contestazioni dei tifosi devono aver spinto Luc Eymal all’uscita maldestra, di cui si è poi scusato.
“Ero di cattivo umore, quelle affermazioni sono frutto della delusione e della frustrazione per non aver vinto il titolo, ma non sono razzista”, ha dichiarato al quotidiano sportivo Mwanaspoti.
E’ quello che pensa anche Ratshibvumo Muluvhedzi, un affermato agente calcistico sudafricano che ha lavorato con il belga e che ha dichiarato a KickOff.com: “Luc ha un caratteraccio, è attaccato al denaro e al successo, ma fuori campo è un brav’uomo e non è razzista”.
Luc Eymael, in 25 anni di carriera (1975-2000) come calciatore non ha mai giocato per una squadra della massima divisione, ma si è esibito solo nelle serie minori del Belgio. Maggior fortuna ha avuto come allenatore.
Nel 2010 è arrivato in Africa in cui si è rivelato una specie di trottola panafricana, ottenendo quasi ovunque grandi risultati.
Ha cominciato nella Repubblica Democratica del Congo, poi ha attraversato il Gabon (2011), l’Algeria (2012), il Kenya e il Sud Africa nel 2013, il Rwanda e la Tunisia nel 2014. Dopo una puntata in Oman, è rientrato in Africa: Sudan (2015), di nuovo in Sud Africa, Egitto (2017-2019) e, finalmente, nel gennaio 2020, è sbarcato in Tanzania accolto come una star. Ultima destinazione, quasi certamente. Difficile pensare che dopo questo licenziamento il suo tour africano abbia un’altra tappa.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com