Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
24 luglio 2020
Cinque capi di Stato dell’Africa occidentale, riuniti in un vertice straordinario a Bamako ieri, non sono riusciti a risolvere la grave crisi che ha investito il Mali dall’inizio di giugno.
Il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, Alassane Ouattara della Costa d’Avorio, Nana Akufo-Addo, Ghana, Macky Sall, Senegal e Mahamadou Issoufou, Niger, presidente di turno della CEDEAO (acronimo francese per Comunità economica degli Stati africani dell’Africa occidentale) si sono riuniti dapprima a porte chiuse al nono piano dell’albergo Marriott nella capitale maliana.
Più tardi cinque capi di Stato hanno pranzato al palazzo presidenziale, ospiti di Ibrahim Boubacar Keïta; durante il convivio i presidenti hanno parlato apertamente con il loro omologo maliano; hanno anche riconfermato le proposte di Goodluck Jonathan, ex presidente della Nigeria, a capo della missione della CEDEAO che si è tenuta sempre a Bamako qualche giorno fa: si escludono le dimissioni di Keïta e del primo ministro Boubou Cissé; suggeriscono anche loro la formazione di un governo di unità nazionale.
I cinque hanno poi incontrato rappresentanti della maggioranza presidenziale, della società civile e dell’opposizione, ma quest’ultimi non sono assolutamente d’accordo con le proposte della CEDEAO.
L’imam Mahmoud Dicko, figura centrale della contestazione del Movimento 5 Giugno si dice insoddisfatto delle proposte, anzi sottolinea che finora nulla è stato fatto. E, in una lettera aperta diffusa giovedì sera dal Movimento 5 Giugno-Raggruppamento delle Forze patriottiche, coalizione eteroclita responsabile della contestazione in atto, ai 5 capi di Stato della CEDEO presenti a Bamako, precisano: “Il presidente ha affidato questa missione a persone che non hanno né la competenza e tanto meno la legittimazione per svolgere questo compito e le tensioni che si sono create sembrano come quelle tra falchi e colombe”.
Malgrado tutto, Issoufou, presidente di turno in carica della CEDEAO, è ottimista e ha convocato per lunedì prossimo un vertice in videoconferenza con tutti i membri dell’organizzazione economica. Infine ha sottolineato: “Chiedere le dimissioni a Keita sarebbe anti-costituzionale, visto che è stato eletto democraticamente dal popolo maliano”.
E mentre i “grandi” discutono sulle sorti della ex colonia francese, non si arrestano gli attacchi dei terroristi. Giovedì mattina un soldato 25enne francese di origini malgasce, Tojohasina Razafintsalama è stato ucciso e altri due militari sono stati feriti mentre il blindato del mercenario malgascio è entrato in contatto con una vettura carica di esplosivo.
Il giovane è nato nell’ottobre del 1994 a Mahazarivo (Madagascar) e è stato arruolato nel 2018. E’ stato inviato in Mali solo pochi giorni fa, il 15 luglio, dove ha prestato servizio nel contingente francese nel quadro dell’Opreazione Barkhane, presente in tutto il Sahel con oltre 5.000 uomini.
Negli ultimi mesi i militari francesi in collaborazione con il contingente tutto africano Force G5 sahel hanno intensificato le offensive nella zona dei tre confini (Mali, Niger, Burkina Faso). Durante l’ultimo vertice tenutosi a Nouakchott, la capitale della Mauritania, il 30 giugno scorso, i 5 leader del G5 Sahel, del quale fanno parte Mauritania, Ciad, Mali, Niger e Burkina Faso, hanno rafforzato la loro volontà di voler continuare con determinazione la lotta contro il terrorismo nell’area, come era già stato concordato durante la conferenza di Pau, nel sud-ovest della Francia, lo scorso gennaio.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
Dura repressione in Mali: la condanna dell’ONU e dell’Unione Africana
Terroristi in azione in Mali: scontri, agguati e bombe situazione sempre più difficile
Niger, massacrati oltre 70 militari, la peggior carneficina dei jihadisti dal 2015