Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
17 luglio 2020
“Gli uomini non cambiano…Ti uccidono. Amore, gli uomini che cambiano sono quasi un ideale che non c’è”. Chissà se la nigeriana Olufunke “Funke” Oshonaike conosce le canzoni di Mia Martini. E’ probabile, perché nei primi anni ’90 ha vissuto in Italia, dove è decollata la sua strepitosa carriera di campionessa di tennis da tavola.
Di certo Olufunke ”Funke” Oshonbaike, 45 anni, la prima donna africana a partecipare ai Giochi Olimpici per la settima volta, conosce bene la violenza sulle donne.
Olufunke “Funke” Oshonaike, campionessa tennistavoloLa ha provata su sé stessa. “Sono stata violentata, picchiata, derubata dei miei guadagni, ridotta in schiavitù da un uomo più grande di me di 10 anni”, è la testimonianza riportata nei giorni scorsi dalla BBC.
In realtà la campionessa già dal 2018 ha denunciato su Facebook e in molte interviste “di aver subito abusi sessuali per tre anni da parte di un amico di cui mi fidavo. Avevo 19 anni, ero ingenua; piena di lividi andavo all’università di Lagos, città dove sono nata a Akeju street, del distretto di Shomolu, e non sapevo come giustificarli. Ero come ipnotizzata. Sono una sopravvissuta, fortunata a essere viva. Ero paralizzata, impotente, col mio corpo che grondava sangue. Non sapevo che quello fosse stupro, so solo che mi sentivo sporca”.
Cantava Mia Martini: “Donna come l’acqua di mare, chi si bagna vuole anche il sole – chi la vuole per una notte – c’è chi invece la prende a botte”.
L’incubo per Funke non si è mai dissolto. Anzi, si è materializzato nuovamente dopo la sconvolgente vicenda della sua connazionale Uwaila Vera Omozua, 22 anni. Uwaila era una studentessa di microbiologia all’università di Benin City, ma frequentava anche un corso di teologia nella locale parrocchia della Chiesa Cristiana Redenta. Proprio lì dentro, alla fine di maggio, è stata trovata senza vita, assassinata con un estintore, in una pozza di sangue, seminuda, vittima di “un disumano attacco sessuale”, ha dichiarato la polizia.
Funke ha avuto la forza di ricordare il suo dramma da vera donna, madre (di 2 figli) e campionessa senza età: andrà a Tokio, il prossimo anno, dopo Atlanta, Sidney, Atene, Pechino, Londra, Rio de Janeiro. Poi si ritirerà dalle competizioni ma seguirà ad aiutare le giovani generazioni grazie alla Fondazione da lei creata. Soprattutto però continuerà a battersi “per la dignità della donna e l’eguaglianza di genere, obiettivi non facili in Nigeria. Odio la parola stupro, ho odiato il sesso e gli uomini per anni, dopo quello che ho subito. Ne parlo con le ragazze che si rivolgono a me e sto notando dei cambiamenti”.
Donna, madre, campionessa: una roccia che non si sgretola. Violata, picchiata, derubata, ma indistruttibile.
Come donna ha sofferto tanto, oltre alla violenza fisica. “Il giorno prima di partire per le olimpiadi di Sidney ho trovato il mio fidanzato a letto con un’altra ragazza. Sono partita, ho pianto per tutto il viaggio, ma non mi sono arresa. Anni dopo, a 3 mesi dal matrimonio, il mio futuro sposo è tornato in Nigeria per le ferie ed è stato abbattuto a colpi di pistola durante una rapina. Vivevo in Germania, dove mi ero stabilita dopo 4 anni trascorsi in Italia (dal 1990 al 1994, ndr), periodo purtroppo non proprio felice per problemi di razzismo. Ho pianto il mio amore per due anni, ma non ho mollato. Lo scorso anno sono stata operata due volte, ad Amburgo, sono caduta in una depressione profondissima, ho pianto per giorni e giorni ma con l’aiuto di Dio ce l’ho fatta ancora una volta”.
Madre affettuosa: “Mentre aspettavo un figlio ho anche vinto un campionato africano. Il mio primo bambino è nato nel 2003, lo stesso anno ho preso parte agli All African Games e per la Nigeria ho conquistato 4 medaglie d’oro. Il bambino aveva 6 mesi. Le mie creature mi hanno ripagato di tutto. Non mi sono mai arresa. Ho la fortuna di avere trovato un marito intelligente, comprensibile e magari un po’ geloso. Eh sì, perché nonostante i miei 40 anni suonati, noto che gli uomini continuano a gettare qualche sguardo su di me….”.
Campionessa immarcescibile: “Una volta, a Lagos, volevano accoltellarmi perché avevo sconfitto la mia arcirivale e superfavorita Biola Odumosu. Altre volte tanti mi dicono, anche con tono minaccioso: “ma perchè non ti ritiri e lasci spazio ai giovani?” Rispondo che alla Nigeria ho dato tanto e ricevuto poco. Ho speso anche dei soldi miei per il mio Paese, che ho rappresentato da quando avevo 14 anni e di cui sono stata portabandiera alle Olimpiadi del 2016. E dico: finchè posso onorare la Nigeria, nonostante nello sport ci siano tante cose che non vanno, io ci sarò. E a chi cerca di scoraggiarmi replico: le vostre critiche per me sono stimoli. E a Tokio ci sarò. Per la Nigeria, per me e per le donne. Provengo da origini umili: ho cominciato a usare la racchetta per strada sopra i pozzi delle fogne, in casa (eravamo 10 figli) usavo il tavolo da cucina. La vita è stata dure con me, ma mi ha reso più forte. Per questo dico alle donne: non arrendersi mai”.
Canterebbe ancora Mia Martini: “Gli uomini che nascono – sono figli delle donne – ma non sono come noi”.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com