Sandro Pintus
Firenze, 5 luglio 2020
In Africa orientale invasa dal giugno 2019 dalle locuste del deserto (Schistocerca gregaria), gli scienziati stanno lavorando duramente per liberarsene. Senza insetticidi. I pesticidi infatti sono efficaci fino a un certo punto ma micidiali soprattutto perché avvelenano acque e suolo.
All’International Center of Insect Physiology and Ecology (ICIPE ) di Nairobi, in Kenya, hanno trovato vari sistemi per eliminare la piaga di questi ortotteri. In un giorno un solo sciame riesce a divorare cibo che può nutrire 35 mila persone.
La Schistocerca gregaria, è arrivata ormai alla terza generazione grazie alle piogge abbondanti delle aree che ha colonizzato e ai venti favorevoli. Le proiezioni FAO mostrano un’espansione sia verso l’Africa occidentale, nel Sahel, che in India e Pakistan. In Mauritania gli insaziabili sciami sono previsti verso la seconda metà di luglio.
Da diversi anni gli scienziati ICIPE stanno sperimentando i biopesticidi che siano efficaci per sterminare i famelici ortotteri. Il protagonista e il Metharizium acridum, un fungo che avvelena le cavallette senza creare danni ad altri animali. Oggi è utilizzato con successo in tutta l’Africa ma, secondo l’agenzia Reuters, i ricercatori nella loro banca biologica, stanno lavorando su altri 500 funghi e microbi. L’obiettivo della sperimentazione è scoprire un altro veleno letale per la locusta.
A capo dell’equipe di ricercatori ICIPE c’è Baldwyn Torto, responsabile dell’unità di Ecologia comportamentale e chimica. Il loro lavoro è concentrato soprattutto sulla percezione degli odori e feromoni della locusta. Una tecnica simile a quella utilizzata dall’Università di Halle, in Germania. Qui, lo scienziato Hans-Jorg Ferenz sta sperimentando i feromoni che potrebbero modificare il comportamento di accoppiamento delle locuste.
Baldwyn Torto ha spiegato alla Reuters che la chimica delle locuste è fondamentale. “Prima che possano volare hanno un odore particolare che consente loro di rimanere in gruppo. Quando le locuste maturano quell’esalazione cambia”.
Se tra gli ortotteri giovani viene diffuso l’effluvio di un adulto il gruppo impazzisce. “Si disorientano, si dividono e si cannibalizzano a vicenda” – afferma lo scienziato – e diventano ancora più sensibili ai biopesticidi”.
Si sa che gli insetti sono commestibili anche per il consumo umano e animale e sono ricchi di proteine. L’ICIPE sta progettando speciali reti e una sorta di aspira-cavallette che permette di catturarle in grandi numeri. Gli insetti possono quindi diventare una nutriente farina, oppure olio o, eliminate testa e zampe, essere fritte. Come fanno Uganda dove sono un piatto tipico e vengono vendute come street food e snack da sgranocchiare davanti alla TV.
E nel bar dell’ICIPE, gli chef preparano anche piatti con cavallette che i ricercatori possono degustare fritte con salsa tartara, con verdure e kebab.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
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