Cornelia I. Toelgyes
27 giugno 2020
Finalmente è stato fatto un piccolo passo avanti tra Sudan, Egitto e Etiopia sulla cruciale questione della gigantesca diga sul Nilo.
Se da una parte l’Etiopia non vede l’ora di aprire i rubinetti per riempire il bacino, il Cairo e Khartoum temono una riduzione del gettito delle acque del Nilo. Le negoziazioni tra i tre Stati erano arrivate a una fase di stallo e dopo una settimana di intense “bagarre” diplomatiche, venerdì scorso le parti in causa hanno partecipato a una videoconferenza coordinata da Cyril Ramaphosa, capo di Stato del Sudafrica e presidente di turno dell’Unione Africana.
Oltre ai presidenti e primi ministri di Egitto, Sudan, Etiopia, all’incontro virtuale erano presenti anche quelli di Kenya, Mali e Repubblica Democratica del Congo. Addis Ababa non molla, ma pur restando ferma sulle proprie posizioni, è disposta a rinviare il riempimento del bacino finchè non sarà trovato un accordo con il Cairo e Khartoum.
Abdel Fattah al-Sisi, il presidente egiziano, fortemente appoggiato da Washington, ha chiesto l’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che dovrà pronunciarsi sulla spinosa questione della Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD). L’organo del Palazzo di Vetro si riunirà già lunedì prossimo per esaminare le rimostranze dei tre Paesi (Egitto, Sudan e Etiopia).
Nelle ultime settimane la tensione tra Cairo, Khartoum e Addis Ababa era salita alle stelle dopo l’annuncio dell’Etiopia di voler procedere al riempimento del bacino, sostenendo che questo dovrà raggiungere almeno un’altezza di 145 metri per poter produrre i megawatt necessari per ottimizzare lo sviluppo economico del Paese.
Dal canto suo l’Egitto ha da sempre sollevato le sue perplessità sulla realizzazione della GERD, temendo una riduzione del gettito delle acque del Nilo e ritiene il progetto come una minaccia esistenziale, anzi, ora ha rincarato la dose affermando: “L’Etiopia costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza a livello internazionale”.
Anche il ministro dell’Irrigazione sudanese, Yasser Abbas, ha fatto sapere di aver scritto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, specificando che è assolutamente necessario arrivare a un accordo prima di riempire il serbatoio della diga e ha aggiunto: “Aprire i rubinetti, inondare il bacino unilateralmente, potrebbe compromettere la sicurezza della diga di Roseires sul Nilo Azzurro”. La diga di Roseires sul corso sudanese del Nilo Azzurro è stata costruita negli anni’60. Nella sua missiva all’Organo dell’ONU, Abbas invita i dirigenti dei tre Paesi di mostrare maggiore volontà politica e impegno nel voler risolvere le difficoltà a tutt’oggi in agenda.
La realizzazione del GERD è stata affidata dal governo di Addis Ababa alla multinazionale italiana Salini Impregilo. Il bacino del ciclopico impianto, una volta terminato completamente, avrà una lunghezza di 1,8 chilometri e una profondità di 155 metri, con una capienza di circa 74 miliardi di metri cubi d’acqua (come riportato sul sito di Salini Impregilo), che saranno sfruttati per produrre seimila megawatt di energia elettrica, l’equivalente di sei reattori nucleari. Sarà la diga più imponente di tutto il continente africano, pari solo a quella di Inga, sul fiume Congo, nel Congo Kinshasa, che funziona però al 10/15 per cento della sua capacità.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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