Cornelia I. Toelgyes
27 maggio 2020
Una vittoria ampiamente prevista, se non certa: il nuovo presidente del Burundi è il candidato del partito al potere (Conseil National pour la Défense de la Démocratie – Forces pour la défense de la démocratie), Evariste Ndayishimiye.
Ex generale e ex ministro alla Difesa – precedentemente è stato a capo anche di altri dicasteri – e, particolare da non trascurare, uomo di fiducia del presidente uscente Pierre Nkurunziza.
L’ex leader del Paese, al potere dal 2005, a sorpresa non si è ricandidato per un nuovo mandato. Eppure, grazie al referendum del 2018, il presidente, un mistico pastore protestante, crede di essere unto dal Signore e predestinato a guidare il suo Paese, avrebbe potuto presentarsi per altre due legislature. Nel 2015 aveva vinto per la terza volta le presidenziali. Il periodo pre- e post-elettorale è stato segnato da un clima di forte tensione sociale, durante il quale sono morte oltre 1.200 persone. Altre 400.000 sono fuggite dal Burundi in seguito alle violenze.
Ndayishimiye ha vinto elezioni al primo turno con il 68,72 per cento delle preferenze, mentre Agathon Rwasa, candidato di Congrés National pour la Liberation, maggiore partito all’opposizione, ha raccolto il 24 per cento dei consensi. Secondo il comitato nazionale elettorale la partecipazione al voto è stato dell’ 88 per cento. I risultati definitivi saranno pubblicati il 4 giugno dalla Corte Costituzionale.
Già durante lo spoglio Rwasa ha contestato il voto per brogli elettorali. Salvo ricorsi, che quasi certamente saranno respinti dalla Corte Costituzionale, Ndayishimiye sarà il prossimo presidente del Burundi e presterà giuramento alla fine di agosto, che rappresenta il termine del mandato del presidente uscente.
Rwasa è un ex capo ribelle di Forces nationales de libération (FNL) durante la guerra civile (1995-2005) ha trasformato FNL in un partito politico, Conseil national pour la liberté, era arrivato secondo anche nelle elezioni del 2015.
Il suo partito e lui stesso godono di ampio consenso in diverse aree del Paese, in particolare in due province: Bujumbura rural e Cibitoke. Persino in queste due roccaforti i voti in suo favore sono stati davvero pochi. E Rwas ha apostrofato la tornata elettorale come farsa; non sembra intenzionato a presentare ricorso, viste le scarse probabilità di spuntarla contro il protetto di Nkurunziza.
Le elezioni si sono svolte il 20 maggio, in piena pandemia, con le frontiere chiuse, senza pubblicazione delle liste elettorali e senza la presenza di osservatori internazionali, giacchè sono stati avvisati che se fossero giunti in Burundi, sarebbero stati messi in quarantena per due settimane, come previsto dal protocollo dell’OMS. In questa occasione il governo ha osservato senza battere ciglio i consigli dell’Agenzia dell’ONU, i cui consiglieri sono stati dichiarati “Persone non grate” dal ministro degli esteri Ezechiel Nibigira pochi giorni prima delle presidenziali.
I residenti all’estero – e non sono pochi – non hanno potuto partecipare alla tornata elettorale per evitare assembramenti davanti a consolati e ambasciate. Fatto fortemente criticato dall’opposizione, che aveva chiesto a più riprese l’autorizzazione del voto telematico per permettere alla diaspora burundese di esprimere la propria preferenza.
Ndayishimiye è un pilastro del governo dal oltre 15 anni, dapprima come ministro degli Interni e in seguito a capo del dicastero della Difesa. E’ un fervente cattolico e un fedelissimo dell’ex presidente. Alla fine degli anni Novanta entrambi gli uomini occupano posti chiave al vertice di CNDD, un gruppo ribelle di etnia Hutu in Burundi (in seguito trasformato in partito politico), al quale Ndayishimiye ha aderito nel 1995, dopo essere scappato a un massacro di studenti hutu perpetrato da estremisti tutsi.
Poco dopo Ndayishimiye diventa uno dei principali capi militari dei ribelli e nel 2003 partecipa alla firma del trattato per il cessate il fuoco che mette fine alla guerra civile; da allora ha proseguito la sua carriera all’ombra di Nkurunziza. Nel 2016 viene eletto segretario generale del partito al potere e lascia l’esercito perchè aspira alla carriera di giudice della Corte suprema. Il 26 gennaio 2020 viene scelto come candidato alle presidenziali.
Pierre Nkurunziza avrebbe preferito candidare il presidente dell’Assemblea nazionale, Pascal Nyabenda, ma ha dovuto cedere alle pressioni di un gruppetto di generali che non gradivano un civile come capo di Stato. Chissà se Ndayishimiye riuscirà a governare in modo autonomo o se sarà vittima dell’influenza dei militari e/o del suo predecessore e se sarà in grado di dare una svolta al suo Paese che vive una profonda crisi da oltre 5 anni.
Una volta terminato il suo mandato, Nkurunziza non vivrà nell’ombra: gli verrà conferito il titolo di “suprema guida” e riceverà una buona uscita di oltre mezzo milione di dollari, nonchè una lussuosa villa.
Covid-19 ha colpito anche il Burundi. Ufficialmente sono stati confermati 42 casi con 20 guarigioni e una sola vittima.
Cornelia I. Toelgyes
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