Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
maggio 2020
Le autorità dell’Unione delle Comore hanno arrestato 19 persone ieri mattina, con l’accusa di appartenere a una “organizzazione prettamente terrorista”, altri componenti del gruppo sono attualmente ricercati in Francia e Madagascar.
Secondo quanto riportato da un magistrato dello Stato insulare – che comprende 3 isole (Grandi Comore, Anjouan e Moheli) e si trova nell’estremità settentrionale del Canale del Mozambico, nell’Oceano Indiano – l’organizzazione avrebbe tentato di far esplodere l’aereo presidenziale lo scorso 19 aprile.
Mohamed Abdou, procuratore alla Corte per la sicurezza dello Stato ha fatto sapere che gli arrestati avrebbero tentato di introdurre una bomba artigianale, provvista dispositivo azionabile a distanza, nell’aeromobile che il 19 aprile portava il dittatore Azali Assoumani dall’isola di Anjouan a quella di Moheli.
“Per puro caso”, ha detto Abdou, “gli agenti addetti alla sicurezza, totalmente all’oscuro del possibile attentato, hanno negato il permesso di caricare un pacco. E era proprio quello contenete la bomba”.
Tra gli arrestati ci sono anche due militari, uno di questi è il vice capo della gendarmeria di Anjouan. Ora è caccia all’uomo sia nello Stato insulare che all’estero. Sempre secondo quanto riportato dal magistrato, è stato scoperto anche un vero e proprio arsenale con mine di fabbricazione artigianale, detonatori, un grosso quantitativo di dinamite e munizioni.
Nelle Comore si respira un clima di terrore, in particolare dopo il referendum costituzionale del 2018, che ha dato ampi poteri al presidente, trasformandolo in dittatore.
L’opposizione non ha mai riconosciuto i risultati elettorali dello scorso anno e ha accusato il despota di brogli elettorali, confermati dalla maggior parte degli osservatori stranieri e dalla comunità internazionale. Il tiranno non apprezza gli oppositori. Molti di loro sono stati arrestati, alcuni condannati ai lavori forzati a vita.
Assoumani è diventato presidente nel 1999 dopo aver condotto un colpo di Stato ai danni dell’allora Presidente Tadjidine Ben Said Massounde, rimanendo al potere fino a gennaio 2002. A maggio dello stesso anno vince le elezioni e rimane alla guida dello Stato insulare fino al 2006. Dieci anni dopo riesce nuovamente a farsi rieleggere; nel 2019 si ricandida per un secondo mandato consecutivo che ovviamente vince con il 60,77 per cento dei consensi.
L’Unione delle Comore ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1975. La quarta isola, Mayotte, ha sempre rifiutato di far parte dell’Unione ed è rimasta fedele alla Francia, cioè territorio d’oltremare.
La stabilità politica delle Comore è fragile. Dal giorno dell’indipendenza ad oggi ci sono stati una ventina di tentati colpi di Stato. Il più famoso quello del 1975, poche settimane dopo l’indipendenza. I golpisti, che rovesciarono il presidente Ahmed Abdallah, erano assistiti dai mercenari guidati dal colonnello francese Bob Denard. Dal 1997 al 2001 le isole Mohéli e Anjouan si erano separate dalla Grande Comore. Solo grazie all’intervento della comunità internazionale e alla promessa di una nuova costituzione che garantisse larga autonomia, le tre isole si sono ricongiunte in una confederazione.
Gli abitanti vivono in un paradiso terreste ma sono tra i più poveri del mondo. L’economia si basa sull’esportazione di chiodi di garofano, vaniglia e qualche altra spezia profumata. Nell’arcipelago si sopravvive grazie alle rimesse di parenti e amici che lavorano in Francia o in Mozambico. E sono molti i comorani che cercano di raggiungere Mayotte, in cerca di una vita migliore, rischiando la propria vita. Morti non solo nel Mediterraneo, quindi ma anche qui, nel Canale di Mozambico. Morti dimenticate, ignorate dalla comunità internazionale tutta.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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