Africa ExPress
17 maggio 2020
Il 12 maggio scorso il governo del Burundi ha chiesto al proprio ministero degli Esteri di espellere con effetto immediato i rappresentanti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
I quattro esperti dell’OMS, consiglieri delle autorità di Gitega durante questo periodo di pandemia, hanno dovuto lasciare il Paese entro venerdì, cioè l’altro ieri. Si tratta di Walter Kazadi Mulombo, rappresentante dell’Organizzazione in Burundi, Tarzy Daniel, esperto in esami di laboratorio, Ruhana Mirindi, specializzato in malattie infettive e Jean Pierre Mulunda, coordinatore per il coronavirus nel Paese.
Già in aprile i quattro funzionari dell’OMS hanno rischiato la defenestrazione dall’ex protettorato belga; la faccenda è stata poi messa a tacere dopo chiarimenti tra il presidente Pierre Nkurunziza e il direttore generale dell’OMS, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus.
Il ministro degli Esteri, Ezechiel Nibigira, non ha voluto rilasciare commenti, tanto meno dare spiegazione sull’espulsione.
Da altre fonti ufficiali, invece, si apprende che il ministro della Sanità pubblica, Thaddée Ndikumana, avrebbe accusato OMS di interferenze inaccettabili nella gestione di COVID-19.
Africa Centres for Disease Control and Prevention ha espresso grande rammarico per la dura presa di posizione del governo di Nkurunziza, in quanto esperti in pandemia sono davvero indispensabili in tutti i Paesi del continente, dove il sistema sanitario è fragile e mancano delle necessarie infrastrutture, volte a combattere il temibile coronavirus e John Nkengasong, direttore di Africa CDC ha aggiunto: “Non possiamo davvero permetterci di silurare l’OMS”.
Mancano pochi giorni alle elezioni generali in Burundi, previste per il 20 maggio. Il governo è stato fortemente criticato dalla comunità internazionale per non aver posticipato le votazioni in questa fase di emergenza sanitaria mondiale.
Nkurunziza, al potere dal 2005, a sorpresa non si è ricandidato per un nuovo mandato. Eppure, grazie al referendum del 2018, il presidente, un mistico pastore protestante, crede di essere unto dal Signore e predestinato a guidare il suo Paese, avrebbe potuto presentarsi per altre due legislature.
Il candidato del partito al potere, Conseil National pour la Défense de la Démocratie – Forces pour la défense de la démocratie (Cndd-Fdd) è Evariste Ndayishimiye, attualmente ministro degli Affari Militari (in passato è stato a capo di altri dicasteri) e è l’uomo di fiducia del presidente uscente. Mentre il maggiore partito all’opposizione, Congrés National pour la Liberation, ha messo in campo il proprio leader, Agathon Rwasa, ex comandante hutu durante la guerra civile. Altri 4 sfidanti, tra questi due indipendenti, tenteranno la scalata alla poltrona più ambita del Paese. Se nessuno dei candidati dovesse raggiungere il 50 per cento, è previsto il ballottaggio tra i 2 candidati più votati. In tal caso si tornerebbe alle urne il 19 giugno.
In base agli accordi di Arusha, nella Costituzione è prevista la divisione dei poteri tra hutu e tutsi secondo le quote etniche: nelle forze armate e nei corpi di pubblica sicurezza sono rappresentati in parti uguali (50 per cento hutu e 50 per cento tutsi); 60 per cento hutu e 40 per cento tutsi, per quanto concerne il governo e il parlamento. Con la riforma della Costituzione del 2018 queste quote sono ora estese anche alla magistrature e alla società civile.
I residenti all’estero – e non sono pochi – non potranno partecipare alla tornata elettorale per evitare assembramenti davanti a consolati e ambasciate. Fatto fortemente criticato dall’opposizione, che aveva chiesto a più riprese l’autorizzazione del voto telematico per permettere alla diaspora burundese di esprimere la propria preferenza.
Il Burundi che conta poco più di 11 milioni di abitanti, ha preso poche misure volte a contrastare l’espandersi del virus, tant’è vero che nemmeno la Primus Ligue (che corrisponde alla nostra Serie A) non si è mai fermata. Assembramenti, matrimoni, funerali e altre cerimonie non sono vietate. Nessun distanziamento sociale, chiusi solamente aeroporti e le frontiere, rimangono aperte quelle con la Tanzania per il trasporto di merci. Si fa finta che il virus non esista. Finora sono stati registrati ufficialmente 15 casi e una sola vittima.
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