Massimo Alberizzi
11 maggio 2020
Silvia Romano è tornata a casa tra la felicità di tutta Italia e un po’ di commozione generale.
Quando tutti ci dicevano che era stupido continuare a sperare, noi abbiamo caparbiamente e puntigliosamente continuato a cercare. Ora Silvia va lasciata in pace.
Silvia è tornata ma alcuni dettagli di questa vicenda appaiono abbastanza strani e forse meritano un chiarimento. L’enfatizzazione del ruolo degli 007 italiani appare eccessivo. Certo forse è un dovere istituzionale ma lascia un po’ sorpresi. Il presidente Giuseppe Conte ha annunciato la liberazione della ragazza con due twitt praticamente identici tranne che per la parola “esterna” aggiunta accanto a intelligence. Nel primo messaggio si ringrazia infatti semplicemente l’intelligence, nel secondo l’intelligence esterna cioè l’AISE. Una puntualizzazione necessaria? Forse sì, ma non certo diretta al grande pubblico.
Un’altra informazione curiosa l’ha fornita lo stesso Conte quando ha sottolineato il ruolo svolto dalle intelligence somala e turca nella ricerca e liberazione di Silvia Romano. Una fonte confidenziale ha riferito ad Africa ExPress che ormai da tempo la rete di informatori che l’Italia aveva tessuto nel Corno d’Africa è stata praticamente smantellata. Ce la invidiavano tutti e Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna chiedevano ai nostri servizi quelle informazioni che non riuscivano a ottenere da soli: “Se esistesse ancora quel network non avremmo avuto bisogno della Turchia, che comunque in Somalia è un Paese straniero anche se a maggioranza islamica. Saremmo invece andati direttamente dai capi dei servizi segreti somali incaricandoli a trattare il rilascio della ragazza. I costi anche quelli politici sarebbero stati assai minori”.
Se è vero vogliamo capire chi e perché ha smantellato quella rete. I servizi segreti non possono essere al di sopra della democrazia e fuori da ogni controllo. Abbiamo ancora viva la vicenda dei servizi deviati. Non vorremmo ritornare a quel passato da dimenticare. Personalmente ho un dato che conferma la distruzione di quella rete. Un giorno un agente il cui nome in codice era “L’Avvocato” venne da me e, parole testuali mi disse: “Da Roma non mi pagano più. Per favore può farmi assumere lei dal Corriere della Sera?”
I costi politici del coinvolgimento della Turchia in questa storia vengono riassunti così: “In Libia Turchia e Italia sono schierati dalla stessa parte, in difesa del governo di Fāyez Muṣṭafā al-Sarrāj, ma l’Italia è molto più tiepida e anche critica nei confronti di Ankara, sia per gli atteggiamenti liberticidi del governo Erdogan, sia per le forniture di armi che il Paese Nato ha riversato in Libia. L’aiuto fornito dai turchi all’Italia si farà sentire sui campi di battaglia libici”.
Questo ragionamento è suffragato da un altro indizio. Come confermato da fonti autorevoli a Mogadiscio interpellate alcuni mesi fa, nell’affannosa ricerca di notizie sulla ragazza, i nostri 007 si erano rivolti anche ai loro colleghi degli Emirati Arabi Uniti. La loro rete è abbastanza radicata nell’ex colonia italiana. Ma Abu Dhabi, che in Libia è schierata contro Serraj e sostiene il generale Khalīfa Belqāsim Ḥaftar, aveva posto a Roma condizioni inaccettabili: “Vi aiutiamo a trovare Silvia Romano se in Libia ribaltate le alleanze”. In altre parole avrebbero voluto che l’Italia si schierasse a fianco del generale Haftar sostenuto dalla Francia, della Russia e dall’Egitto, oltre che dagli Emirati.
La proposta era stata respinta e Roma si è messa alla ricerca di un nuovo possibile consulente e l’ha trovato nella Turchia. I turchi sono presenti in forze in Somalia; a Mogadiscio hanno una grande base, Camp TurkSom, dove vengono addestrati 10 mila soldati somali. La sua intelligence è capillare ma non come quella creata dal generale somalo Abdullahi Gafow, guarda caso addestrato e amico degli italiani. Gafow ha lasciato l’incarico un paio d’anni fa ma conosce perfettamente tutta la rete d’intelligence dell’ex colonia italiana. A lui ci si sarebbe potuti rivolgere senza aver bisogno della mediazione turca.
Massimo A. Alberizzi
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