Cornelia I. Toelgyes
20 aprile 2020
Sabato mattina il primo ministro del Lesotho, l’ottantenne Thomas Thabane, ha sguinzagliato l’esercito sulle strade della capitale e, in un intervento alla TV di Stato, ha giustificato la sua decisione con queste parole: “I militari sono intervenuti per restaurare la pace e l’ordine. Alcune Istituzioni incaricate di garantire la sicurezza e l’applicazione della legge stanno invece minacciando la nostra democrazia”.
L’annuncio del primo ministro ha ovviamente scatenato paura nella popolazione, che ha temuto potesse scatenarsi un bagno di sangue tra le forze armate, leali a Thabane, e la polizia, più allineata con l’opposizione.
Domenica mattina le truppe sono tornate nelle caserme, carri armati e camion militari si sono come volatilizzati a Maseru, la capitale.
Nei giorni della pandemia esercito e forze dell’ordine vengono impiegate ovunque nel mondo per controllare il rispetto del lockdown, non così in Lesotho, che a tutt’oggi risulta essere coronavirus free.
Il piccolo regno dell’Africa meridionale, un’enclave del Sudafrica, sta attraversando una grave crisi politica dall’inizio dell’anno, da quando Thabane è stato ufficialmente indagato per l’omicidio della ex moglie Lipoleto Thabane, uccisa il 14 luglio 2017 e stamattina l’anziano leader rischia di essere sfiduciato dal Parlamento. Persino gli esponenti del suo stesso partito, All Basotho Convention (ABC), hanno chiesto la sua testa. Rimasto solo e abbandonato, il primo ministro lotta con unghie e denti per non perdere la poltrona. L’attuale moglie, la giovane Maesaiah, è già formalmente accusata di aver ingaggiato i killer per far uccidere la ex consorte del marito. In attesa del processo, è attualmente a piede libero.
Sabato si era sparsa voce che l’esercito avesse arrestato Holomo Molibeli, commissario di polizia, principale accusatore di Thabane e due collaboratori del funzionario. In serata è poi arraivata la smentita dallo stesso Molibeli. E’ probabile che il governo di Pretoria abbia fatto da intermediario e abbia chiesto a Thabane di ritirare l’esercito dalle vie della capitale.
Di fatto si temeva che Thebane stesse per compiere un colpo di Stato per evitare che il Parlamento potesse sfiduciarlo e costringerlo a rassegnare le dimissioni.
Anche se il primo ministro aveva già garantito al suo partito e al popolo che avrebbe lasciato il suo incarico, sono in molti a ritenere che si sia trattato solamente di una manovra per guadagnare tempo per restare al potere e nel frattempo trovare un modo per scongiurare l’accusa di omicidio.
Ma ci sono un altri particolari di non poca importanza. Venerdì sera la Corte Suprema ha respinto la richiesta dell’anziano politico di silurare Molibeli e il capo della polizia. Inoltre giorni fa è stato arrestato uno dei maggiori alleati del capo del governo, Lehlohonolo Moramotse, ministro della Polizia e della Sicurezza pubblica, ripreso da una telecamera a circuito chiuso mentre era intento a comprare alcolici, la cui vendita e relativo acquisto sono vietati in questo periodo di emergenza COVID-19.
Alcuni osservatori ritengono che il fatto di aver perso la causa e l’arresto di Moramotse abbiano spinto Thabane a far intervenire l’esercito per poter restare sulla poltrona.
Il Lesotho, insieme all’Unione delle Comore sono le uniche due nazioni africane che finora non sono state investite dalla pandemia. Il Lesotho, per prevenire eventuali contagi, ha seguito le precauzioni suggerite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e ha dichiarato già a fine marzo lo stato di emergenza.
La piccola enclave è una monarchia parlamentare, il cui sovrano è Letsie III. Nell’Assemblea Nazionale vi sono membri elettivi di partiti riconosciuti dallo Stato, ma vi risiedono anche alti gradi militari, capi tribali e rappresentanti delle minoranze etniche.
Il Lesotho è tra i Paesi più poveri dell’Africa. Metà della popolazione su 2.125.000 abitanti vive in povertà, a causa dell’elevato tasso di disoccupazione e un’economia totalmente dipendente dal Sudafrica. Inoltre il 22,7 per cento degli adulti è affetta da infezione da HIV / AIDS.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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