Massimo A. Alberizzi e Monica A. Mistretta
18 aprile 2020
Ieri mattina all’alba un Airbus della Iran Air è decollato da Teheran in direzione di Roma Fiumicino. Poco dopo ha improvvisamente invertito la rotta ed è tornato all’aeroporto Imam Khomeini della capitale iraniana dal quale era appena partito. Secondo il sito di tracciatura aerea FlightRadar24 sarebbe stato solo un ritardo: era atteso a Roma in tarda serata. Questa mattina, però, sul sito la rotta Teheran Roma non era più indicata.
Quello di ieri sarebbe stato il secondo volo della compagnia aerea iraniana a fare scalo nella nostra capitale dopo quello di mercoledì mattina, atterrato regolarmente alle 10.40. Da un mese l’Iran Air aveva smesso di fare scalo in Italia. Difficile capire lo scopo di questi viaggi con i grossi Airbus da 400 passeggeri diretti nel nostro Paese blindato per l’emergenza Coronavirus.
Ma non può passare inosservata una coincidenza: i due voli su Fiumicino, compreso quello di ieri dirottato nuovamente su Teheran, arrivano a cavallo di un’altra inversione di rotta. In queste ore, infatti, l’amministrazione Trump ha chiesto al Dipartimento del Tesoro statunitense di allargare la maglia delle sanzioni economiche contro l’Iran per favorire l’invio di materiale medico e umanitario nel Paese colpito pesantemente dal Coronavirus.
Secondo fonti ufficiali i contagi in Iran sarebbero oltre 78.000, i morti 5.000, ma la resistenza iraniana – contattata da Africa ExPress – parla di cifre ben diverse e di oltre 30.000 decessi. In questi giorni, per impedire la fuga di informazioni sul bilancio reale delle vittime, Teheran avrebbe chiuso perfino l’Anagrafe Civile, l’ufficio che pubblica la tabella dei decessi mensili. Ieri nel corso di una parata militare dell’esercito iraniano nella capitale, al posto delle testate missilistiche e dei carri armati, avevano sfilato mascherine e ambulanze: insomma una “parata sanitaria” che segna la guerra del 2020.
Il materiale sanitario scarseggia anche in Italia: a due mesi dallo scoppio dell’emergenza nel nostro Paese in farmacia una mascherina, quando si trova, non costa meno di 10 euro. Quelle di cui avremmo un disperato bisogno restano bloccate in Turchia. Africa ExPress ha potuto verificare che, malgrado le insistenze del nostro governo, Ankara impedisce l’esportazione di oltre mezzo milione di mascherine, di gel disinfettanti, di guanti di lattice e di altri dispositivi di protezione già acquistati (e pagati) dalle nostre ditte: avrebbero dovuto arrivare da noi un mese fa. Le autorità turche hanno recentemente bloccato tutte il materiale di questo genere, mascherine comprese, destinate all’Italia.
L’ambasciata italiana ad Ankara non sembra interessata al problema: inutile tentare di incontrare il dottor Luigi Gentile, primo segretario dell’Ufficio economico commerciale dell’ambasciata. Il nostro stringer ad Ankara non ha trovato udienza, neppure telefonica.
Africa ExPress ha appurato che l’Italia doveva consegnare un carico d’armi all’esercito turco ma all’ultimo momento la consegna non è avvenuta perché da noi si è scatenato il putiferio: “Ankara sta combattendo una guerra in Siria contro i curdi e le armi italiane saranno usate in quel conflitto”. La consegna quindi, fino a ieri, non era stata fatta: “Non ci date le armi? Bene, noi non vi diamo le mascherine”, sembra sia stato in parole povere il ricatto.
Ma intanto giovedì mattina, alle 10.30 locali, un aereo da carico C130 Hercules dell’aeronautica militare italiana è atterrato all’aeroporto di Istanbul: nessuno sa cosa trasportasse e lo scopo del suo viaggio.
Le mascherine sono diventate così preziose da trasformarsi in uno strumento di influenza geopolitica. Sta accadendo all’Italia e capita anche a Israele. L’11 aprile il “The Times of Israel” parlava di tonnellate di materiale medicale già acquistato bloccato proprio in Turchia. La questione con Gerusalemme pare non si sia ancora sbloccata: il 13 aprile tre aerei israeliani avrebbero dovuto atterrare nella base aerea di Incirlik per imbarcare il prezioso materiale sanitario. Non se ne è saputo più nulla. È del tutto probabile che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, vicino alla leadership palestinese di Hamas, utilizzi queste mascherine come strumento di pressione nella trattativa attualmente in corso per il rilascio di ostaggi israeliani a Gaza in cambio della liberazione di detenuti palestinesi. Se le cose stanno così, lo vedremo probabilmente nelle prossime ore.
Ma allora sono d’obbligo almeno due domande: qual è la posta in gioco nella partita delle mascherine fra Roma e Ankara? E perché l’Iran Air ha ripreso ad atterrare a Fiumicino proprio in queste ore difficili?
Massimo A. Alberizzi
Monica A. Mistretta
massimo.alberizzi@gmail.com
monica.mistretta@gmail.com
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