Costantino Muscau
14 aprile 2020
La vita continua e il calcio pure. In Africa c’è un solo campionato che non si è fermato: quello del Burundi.
Alla faccia del Coronavirus. Grazie a Dio. E non per modo dire.
Ai primi di aprile sono stati accertati i primi tre casi di infezione da Covid-19. Commento del super religioso evangelico generale Evariste Ndayishimiye, 52 anni, segretario generale del partito al potere, il CNDD-FDD, e candidato alle elezioni presidenziali del prossimo 20 maggio (confermate e dal risultato scontato dato che l’opposizione non esiste): “Nessuna paura. Dio ama il Burundi e se ci sono persone contagiate è perché Dio manifesta il suo potere in Burundi. Le tre persone, infatti, non sono gravi mentre il coronavirus sta provocando un’ecatombe da altre parti”.
La protezione di Dio era già stata messa nero su bianco nel comunicato ufficiale della Presidenza della Repubblica del 25 marzo in cui il governo dell’immarcescibile presidente Pierre Nkurunziza annunciava le misure contro l’epidemia: chiusura delle frontiere (esclusa quella con la Tanzania) e dell’aeroporto, sospensione dei visti, quarantena per chi viene da fuori…
E quindi via col liscio, pardon con la palla, con matrimoni e funerali, feste, birra e spuntini, chiese e mercati e locali aperti, come niente fosse in un Paese con circa 11 milioni di abitanti, vasto poco più della Sicilia, e poverissimo.
La Federazione calcistica burundese il 5 aprile, domenica, a Bujumbura, la capitale finanziaria, ha incontrato i presidenti delle 16 squadre di prima categoria, la Primus Ligue (corrispondente alla nostra Serie A) e di seconda categoria. E ha deciso: “D’accordo con il ministro della Salute Thaddeus Ndikumana, il campionato prosegue. I giocatori però non dovranno abbracciarsi dopo i gol, tenersi lontano dall’arbitro, lavarsi le mani prima del match e non stringere le mani di nessuno. Agli spettatori verrà misurata la temperatura all’ingresso degli stadi. Qualora dovessero manifestarsi segni della diffusione del virus – ha però aggiunto, bontà sua – il presidente della Federazione Ndikuriyo Reverien – fermeremo il campionato. I tre casi finora identificati sono tenuti sotto controllo e chi è stato in contatto con loro è stato localizzato e monitorato”.
In realtà i dati aggiornati parlano di 50 soggetti sintomatici e 675 in quarantena.
Reverien, 50 anni, hutu, padre di 5 figli, fondatore della squadra di calcio “Aigle noir” di Makamba, non è solo il numero uno nel calcio burundese. E’ anche il numero 1 del Senato e quindi ci tiene a sottolineare che “due dei tre infetti sono giunti dall’estero e il terzo è un loro convivente. Non c’è ragione quindi che le nostre attività si fermino”.
Particolarmente felice Jean Gilbert Kanyenkore, allenatore del “Vital’O”, di Bujumbura, la compagine più titolata del Paese: ha conquistato 20 scudetti ed è stata l’unica ad aver raggiunto la finale di coppa africana nel lontano 1972. In questa stagione però “Vital’O” è lontano dalla vetta “ma siamo in forma, e ben allenati – assicura Kanyenkore – e siamo pronti a giocarcela fino all’ultima partita e piazzarci ai primi posti”.
A fine mese – ci sono ancora due giornate da giocare – dunque si vedrà se la sua sfida avrà avuto successo contro la prima in classifica, “Le Messager Ngozi”, (dell’omonima città a nord del Paese).
Questa ha 4 punti sulla seconda squadra, il Musongati (della città mineraria al confine con la Tanzania), che però ha una partita da recuperare. Insomma, un finale mozzafiato, appassionante per gli scommettitori di tutto il mondo costretti a puntare sui tornei di soli 5 Paesi al mondo che probabilmente prima avrebbero trascurato.
Il Burundi, infatti, rientra nel ristrettissimo novero delle nazioni dove il dio pallone rotola senza problemi. Una per continente: le altre sono il Nicaragua, Tajikistan, Taiwan (qui il campionato ha preso il via alla vigilia di Pasqua) e Bielorussia. A dire il vero la Bielorussia, che di contagiati ne ha quasi 3 mila e di morti diverse decine, il 10 aprile è stata sollecitata fortemente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a bloccare il campionato, perché i casi di positività stanno raddoppiano ogni 2-3 giorni. Appello disperato quanto inascoltato: il giorno di Pasqua oltre 1000 tifosi hanno assistito a un incontro di cartello. D’altra parte che cosa si pretende da un Paese il cui presidente Aleksandr Lukashenko, considerato l’ultimo dittatore dell’Europa, non solo nega la pandemia, si esibisce in un incontro di hockey su ghiaccio a Minsk e dichiara: “Niente di grave, la si ammazza bevendo vodka, 40-50 millilitri al giorno, non al lavoro, e facendo la sauna tre volte la settimana”.
In Burundi ci si affida a Dio, in Bielorussia alla vodka. Senza voler essere blasfemi, verrebbe da dire che sempre di spirito si tratta, più o meno puro.
Che Dio li protegga.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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