28 marzo 2020
Ci voleva il coronavirus per risolere un’intricata faccenda finanziaria tra l’Angola e il Ciad, che nel 2017 aveva contratto un debito di 100 milioni di dollari con il governo di Luanda.
N’Djamena non ha soldi – ne sono complici i cambiamenti climatici e la caduta del prezzo del petrolio – e Luanda ha urgente necessità di carne. Dunque i due governi hanno risolto il problema come si usava nei secoli passati: il Ciad salderà il suo debito con l’invio di ben 75.000 bovini nei prossimi 10 anni, vale a dire che le parti si sono accordati sul prezzo di 1.333 dollari per ogni capo. Le prime mille mucche sono già arrivate via nave nella capitale angolana. Lo ha confermato un giornale governativo angolano pochi giorni fa.
E, per ringraziare la controparte, già nelle prossime settimane N’Djamena invierà un supplemento di 3.500 bovini.
L’Angola ha buona esperienza con il “baratto”. Verso la fine degli anni ’80, quando il Paese era dilaniato da una lunghissima, inutile guerra civile, si potevano incontrare adulti e bambini con arti amputati dalle mine anti-uomo, disseminate ovunque. La kwanza – la moneta locale – non aveva alcun valore (o quasi). Si usava il baratto: lattine di coca cola, sprite, birra in cambio di altro. Le periferie di Luanda erano la brutta copia delle litografie di Andy Warhol: immense colline di lattine ovunque.
Africa ExPress
@africexp
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