Cornelia I. Toelgyes
19 febbraio 2020
Erano le 5 del mattino quando gli agenti lo hanno trovato morto nella sua cella nella stazione di polizia a Remera, Kigali, la capitale del Ruanda. In un comunicato le autorità di pubblica sicurezza hanno fatto sapere che il famoso cantante ruandese, Kizito Mihig, si sarebbe impiccato lunedì, 17 febbraio. Il portavoce della polizia, John Bosco Kabera, ha dichiarato che durante il suo stato di fermo ha incontrato i familiari e il suo legale e ha aggiunto: “Abbiamo aperto un’inchiesta per determinare le ragioni del suo suicidio”.
Il cantante gospel, noto in tutto il Paese, era stato arrestato pochi giorni prima nel distretto di Nyaruguru, nel sud del Ruanda. Secondo l’ufficio investigativo avrebbe voluto attraversare illegalmente il confine verso il Burundi, per congiungersi con un gruppo armato ribelle. Avrebbe anche tentato di corrompere il residenti del villaggio che lo hanno fermato. I suoi familiari più stretti negano: “Il nostro congiunto non ci ha mai parlato di tali progetti”.
Kizito non aveva ancora 39 anni. Ha studiato al conservatorio di Parigi e è ritornato nel Ruanda nel 2010, dove ha creato la Fondazione Kizito Mihig per la Pace.
La morte del cantante ha suscitato emozione e indignazione anche fuori dai confini ruandesi. In particolare nella Repubblica Democratica del Congo le sue canzoni sono state postate ovunque sui social network e molti, increduli di quanto è successo, hanno espresso il loro disappunto. Persino qualche politico congolese non esclude che dietro il tragico decesso ci sia lo zampino del presidente ruandese Paul Kagame.
Nel 2013 Kizito aveva composto canzoni che non aveano trovato il gradimento del partito al potere, il Fronte Popolare Ruandese (FPR). Nei suoi testi il cantante aveva messo in discussione lo stretto controllo del governo sull’eredità del genocidio. Secondo l’ONU questa carneficina è costata la vita a oltre 800mila persone, in prevalenza tutsi, ma anche hutu moderati, brutalmente ammazzate in soli 100 giorni. E Kizito era un sopravvissuto al massacro.
Da allora la sua musica, che in precedenza era stata molto apprezzata anche dai dirigenti del partito, è stata vietata. E’ stato arrestato una prima volta nel 2014. Inizialmente i suoi familiari lo avevano dato per disperso giacchè per diversi giorni non avevano notizie del loro congiunto. Solo dopo qualche giorno le autorità avevano annunciato il suo arresto.
Nel 2015 è stato accusato di terrorismo e di sostenere un partito all’opposizione. Gli era stata inflitta una condanna detentiva di 10 anni per cospirazione contro il governo. E’ stato poi liberato nel 2018 per grazia presidenziale.
Non è la prima volta che un personaggio celebre, critico nei confronti del regime di Paul Kagame muoia in circostanze sospette in prigione. L’anno scorso è deceduto nella sua cella in una prigione militare un anziano direttore generale dell’ufficio del presidente. Era stato condannato a dieci anni di detenzione per corruzione. E nel 2015, Emmanuel Gasakure, medico personale di Kagame, è stato ucciso dalla polizia durante la sua prigionia.
Kagame, al potere dal 1994, è accusato di dirigere il Paese con mano di ferro, di reprimere ogni forma di dissenso, di imprigionare o esiliare tutti politici dell’opposizione. Anche l’Organizzazione Human Rights Watch ha puntato il dito contro il regime, denunciando esecuzioni sommarie.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
Speciale per Africa ExPress Cornelia I. Toelgyes 21 dicembre 2024 Niente pace – almeno per…
Dalla Nostra Inviata Speciale EDITORIALE Federica Iezzi Gaza City, 20 dicembre 2024 In Medio Oriente…
Speciale Per Africa ExPress Raffaello Morelli Livorno, 12 dicembre 2024 (1 - continua) Di fronte…
Africa ExPress Cotonou, 18 dicembre 2024 Dall’inizio di settembre 2024 è attivo il Centro Ostetrico…
Dal Nostro Corrispondente Sportivo Costantino Muscau 17 dicembre 2024 Un festival panafricano. In Arabia, Europa,…
Speciale per Africa ExPress Sandro Pintus 16 dicembre 2024 Due multinazionali sono responsabili della disfunzione…