Costantino Muscau
18 febbraio 2020
“In tanti anni di collaborazione con la Federazione Internazionale di Atletica (IAAF) e con la società detentrice dei diritti di marketing dell’IAAF , la Dentsu-Ams, ho guadagnato, con le commissioni sui contratti di sponsorizzazione e dei diritti televisivi, quasi 10 milioni di dollari (9,2 milioni di euro). Non avevo quindi bisogno di farmi corrompere, di sollecitare gli atleti a darmi soldi per coprire casi di doping”.
Insomma troppo ricco per cedere alla più banale delle tentazioni.
E’ questa la netta e corposa linea difensiva adottata da Papa Massata Diack davanti a un giudice di Dakar. Papa Massata Diack, 57 anni, senegalese, noto anche con l’acronimo PMD, è il figlio di Lamine Diack, 86 anni, presidente dell’Atletica mondiale dal 1999 al 2015 e celebre saltatore. Papa Massata dal 2016 è sotto inchiesta da parte delle autorità francesi. Indagati, con lui, anche suo padre e altri quattro personaggi di rilievo del mondo sportivo. Tutti sono sospettati di aver ritardato le sanzioni contro 23 atleti russi dopati a partire del 2011 in cambio, naturalmente, di sostanziose bustarelle (da 100 a 600 mila euro). In questo modo gli atleti avrebbero potuto partecipare alle olimpiadi del 2012 a Londra. Non solo: sono sospettati di averle anche date, le bustarelle e di aver riciclato notevoli somme di denaro.
Papa, figlio di papà, e il papà sarebbero stati il nodo centrale di una ragnatela corruttiva, tanto che sarebbero stati ribattezzato “il clan Diack”. Papa figlio si è finora rifiutato di presentarsi alla giustizia francese, anzi non ha proprio voluto lasciare il suo Paese da quando è scoppiato il caso. Il 2016, appunto, allorchè i magistrati parigini avevano consegnato la rogatoria internazionale. Il 6 novembre scorso Papa è stato interrogato a Dakar e ha negato ogni addebito: “Sono tutte accuse false, non avevo bisogno di prendere tangenti”, avrebbe dichiarato secondo quanto ha appreso nei giorni scorsi l’agenzia France Presse. La giustizia senegalese, a fine anno, ha inviato a Parigi sia il contenuto dell’interrogatorio sia documenti relativi alle società di PMD. Il dossier della magistratura africana è giunto in Francia proprio quando stava per incominciare il processo al clan Diack, il 13 gennaio scorso.
La nuova documentazione ha spinto la 32a camera del Tribunale di primo grado di Parigi a rinviare il tutto al 3 giugno. Il rinvio ha scatenato una ulteriore polemica: il ministro della Giustizia senegalese, Malik Sall, ha dichiarato che il materiale era stato inviato a novembre e quindi lui non c’entra con lo spostamento del processo. E Papa Massata ha confermato: i verbali degli interrogatori del 2016 e quelli di ben 16 ore del novembre scorso sono stati spediti a Parigi a fine novembre. Un motivo in più per PMD per non lasciare Dakar. Intervistato dalla tv CGTN (China Global Television Network) e dal Guardian, Papa Massata ha contestato il diritto della giustizia francese di mettere sotto processo lui e suo padre e ha aggiunto in tono di sfida: “Non penso che il mio governo mi consegnerà ai francesi. Francia e Gran Bretagna non estradano i loro cittadini. Perché dovrebbe farlo il mio Paese, perché dovrebbe darmi a un Paese che non ha la competenza di indagare su una federazione privata, la Iaaf, che ha sede a Monaco? Non ho tempo da perdere in Francia! Non ho fatto nulla di illegale”.
Non la pensa così il giudice istruttore francese, Renaud van Ruymbeke, secondo il quale per PMD erano esorbitanti non solo le commissioni sui contratti firmati in qualità di consulente della federazione presieduta da suo padre, ma anche gli emolumenti come diaria quotidiana: 900 dollari al giorno di missione tra il 2007 e il 2011, poi 1.200 dollari al giorno tra il 2012 e il 2015. Sempre secondo il magistrato transalpino, la giustizia francese ha diritto di perseguirlo perchè accusato di riciclaggio in Francia.
Suo padre, però, nell’udienza che lo vede alla sbarra a Parigi sempre per corruzione, qualche ammissione l’ha fatta: ha riconosciuto che le sanzioni contro gli atleti russi erano state scaglionate e avevano consentito loro di prendere parte ai Giochi di Londra e ai Mondiale del 2013. In cambio l’IAAF avrebbe ottenuto i diritti tv e degli sponsor più generosi in Russia come pure un finanziamento di 1,5 milione di euro per gli oppositori all’allora presidente Abdoulaye Wade (terzo capo di stato del Senegal dal 2000 al 2012). Affermazioni contestate da Papa (figlio) : “Mai preso parte ad alcuna discussione con i russi sul finanziamento di campagne elettorali. Quelle dichiarazioni sono state estorte a mio padre, anziano e malato, dopo 36 ore di interrogatorio”.
Insomma una vicenda opaca dove sono in ballo legami familiari, di potere, sportivo e politico, rapporti internazionali e soprattutto tanti, tanti soldi. Al punto che essi possono diventare uno strumento di difesa: sono così ricco da non aver bisogno di chiedere tangenti.
Vedremo, a giugno, come andrà a finire. Se finirà…
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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