Sandro Pintus
Firenze, 13 febbraio 2020
“A noi Baka vietano di andare nella foresta. Se lì facciamo accampamenti, le guardie ecologiche li bruciano. Molti Baka sono morti, i bambini sono senza cibo e non abbiamo più le erbe medicinali spontanee che raccoglievamo. Abbiamo cercato di raccontare le nostre difficoltà al WWF ma non le accettano. Ci hanno risposto solo che non possiamo andare nella foresta”.
Sono le parole di una lettera scritta, dai pigmei Baka della Repubblica del Congo, al Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). Anni di violenze, soprusi, umiliazioni, sfratti sommari delle popolazioni Baka perpetuate delle guardie forestali.
Buzzfeed News in un’inchiesta del marzo 2019 ha confermato stupri di gruppo a donne incinte e torture. Mentre la vedova di un uomo Baka ha raccontato che suo marito era stato ingiustamente accusato di bracconaggio e imprigionato. Brutalmente picchiato da altri detenuti quando è stato rilasciato è morto a causa delle percosse.
Tutto questo succedeva nonostante la foresta fosse da secoli territorio ancestrale dei Baka. I pigmei, come altre popolazioni native che vivono nella foresta pluviale, hanno un’unione quasi simbiotica con la natura che li nutre e li protegge. E loro volta sono custodi e protettori della selva. Ma per i guardaparco, se cacciano per nutrire le proprie famiglie, sono considerati bracconieri.
Le violenze quotidiane ai Baka accadevano con il complice silenzio assordante del Fondo Mondiale per la Natura (WWF) che paga i forestali e fornisce loro gli automezzi. Il WWF, il tutti questi anni, ha sempre smentito affermando che il comportamento delle guardie forestali era un problema del governo congolese.
Questa volta l’UNDP ha indagato portando prove “credibili” sulle accuse fatte dai pigmei Baka e denunciate da Survival, ONG che si batte per i diritti delle popolazioni native. Intanto le Nazioni Unite, hanno bloccato il finanziamento al progetto Tridom 11, nell’area nord-occidentale del Congo. Si tratta di un progetto per la conservazione delle foreste del valore di quasi 20 milioni di euro.
Il progetto, avviato nel 2017, ha finanziamenti del WWF, UNDP, Commissione europea, con i governi USA e del Congo e Global Environment Facility. L’area forestale è conosciuta come Messok Dja, copre un’area di quasi 1.500kmq e coinvolge Camerun, Gabon e Repubblica del Congo.
La disperazione dei Baka è arrivata al punto di chiedere aiuto ai reali britannici e poi si sono appellati alla Commissione europea.
Tweet con video di Survival International: “Se i guardaparco del WWF ci trovano, ci picchiano con il machete”
Durissime le dichiarazioni di Stephen Corry, direttore generale di Survival International in un comunicato. “Siamo di fronte a un atto d’accusa devastante che dovrebbe segnare la fine del modello della ‘Conservazione fortezza’ promosso dal WWF. È responsabile di aver provocato così tanti danni sia alle persone che all’ambiente in tutta l’Africa”.
“Il WWF è implicato in un furto di terra e in gravi violazioni di diritti umani su larga scala – afferma ancora Corry. “Survival trent’anni fa aveva avvisato il WWF. I progetti nel Bacino del Congo rischiavano di privare i popoli indigeni delle loro terre e della loro autosufficienza, e di ridurli in povertà. L’abbiamo ripetuto molte volte, ma il nostro monito è sempre caduto inascoltato”.
Sandro Pintus
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