Costantino Muscau
27 gennaio 2020
Un francese ha fregato il Gabon. Anzi due. Non parliamo di politica né di ritorno del colonialismo, ma solo di…ciclismo.
All’ultima tappa, e appena per un secondo, il corridore transalpino Jordan Lavasseur, 24 anni, la domenica pomeriggio del 26 gennaio, a Libreville, ha fatto ingoiare un brutto rospo allo sport su due ruote del Gabon e dell’Africa.
Si correva la settima e ultima frazione della 15a edizione del Tour del Gabon, o più esattamente della Tropicale Amissa Bongo, uno dei due maggiori eventi del ciclismo professionistico africano e il primo mondiale della nuova stagione: ha infatti “battuto” di un giorno la partenza del Tour Down 2020 australiano, che ha preso il via il 21 gennaio. Come dire che il giro del mondo della bicicletta è partito dall’Africa, da Bitam nel Gabon, lunedì 20 gennaio.
E fino a domenica andava tutto a gonfie vele, anche se il Tour era cominciato maluccio per i pedalatori africani.
La prima tappa, infatti, era andata al veneto, Attilio Viviani, 23 anni, (fratello del più famoso Elia, che nel frattempo correva e cadeva rovinosamente in Australia).
In tutte le altre, però, sotto il traguardo erano sfrecciati corridori africani.
Nell’ordine: l’eritreo Natnael Tesfazion, 20 anni; poi il suo compatriota Binim Gyrmai, 19, quindi il camerunese, Klovis Kamzong, 28, l’algerino Youcef Reguyguy, 30, e ancora Binim Gyrmai. Non era mai successo in 15 anni di vita del Giro che cinque corridori africani primeggiassero in altrettante tappe, consecutivamente. Tanto più che dal secondo giorno primo in classifica era sempre Natnael Tesfazion. Insomma c’erano tutte le premesse per una vittoria finale – diciamo così – “autoctona”. E invece nell’ultimo giorno, il patatrac: il successo della tappa se lo è goduto un velocista francese, “, Lorrenzo Manzin, 25 anni. Ma, quel che è peggio, la vittoria finale se l’è messa in tasca l’altro francese, Jordan Levasseur, grazie agli abbuoni conquistati nel traguardo volante a 10 km dall’arrivo.… Se non è una beffa questa..
Ha masticato amaro, nonostante i sorrisi di circostanza il grande sconfitto , Tesfatzion, che nella seconda tappa aveva colto la sua prima vittoria da professionista.
E anche il presidente della Repubblica, Ali Bongo, forse sperava in un successo dei colori continentali. Questa corsa – è doveroso ricordarlo – esiste grazie alla passione per il ciclismo di suo padre, Omar Bongo, presidente dal 2 dicembre 1967 all’8 giugno 2009. Una passione maturata in Europa e in Italia, che però per alcuni anni dovette sopire per gli impegni politici. Nel 2003, però, a dieci anni dalla morte della figlia Albertine Amissa Bongo, le due ruote ripresero a mulinare nei suoi pensieri e riuscì a convincere alcuni imprenditori a organizzare la gara a tappe. Nel gennaio 2006 la corsa partì con il nome della figlia scomparsa. Nonostante la morte dell’ideatore essa continua con immutato interesse e successo.
Gli organizzatori hanno preparato la manifestazione distribuendo nelle scuole situate sul percorso dei 1035 km , lungo 5 province con uno sconfinamento nel Camerun, un libricino con informazioni, esercizi e giochi..
Il manualetto ha consentito ai bambini di riflettere sui valori dello sport, di conoscere meglio la Tropicale Amissa Bongo, il ciclismo, i 90 corridori partecipanti di 15 squadre di 20 nazionalità, ma anche la funzione del sangue nel corpo umano, il valore dell’acqua e il territorio del Paese.
Ecco perché al di là del risultato finale, il responsabile dell’organizzazione, Benjamin Burlot, è orgoglioso e soddisfatto:: “Il Tour del Gabon è una delle poche corse durature in Africa. Ci siamo da 15 anni e ci saremo fra 15 anni. Abbiamo dimostrato di essere in grado di rispettare, qui in Gabon, gli standard internazionali richiesti per questo tipo di gare (di I categoria, ndr). E lo Stato gabonese ha la ferrea volontà di proseguire”.
Costantino Muscau
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