Africa ExPress
15 gennaio 2020
La recrudescenza degli attacchi terroristi nel Sahel è stata al centro del vertice tra Emmanuel Macron, presidente francese e i capi di Stato del G5 Sahel, Ibrahim Boubacar Keïta (Mali), Idriss Déby Itno (Ciad), Ould Cheikh Ghazouani (Mauritania), Roch Marc Christian Kaboré (Burkina Faso) e Mahamadou Issoufou (Niger).
In occasione delI’incontro, i presidenti del Sahel e il loro omologo francese hanno lanciato una nuova coalizione per contrastare l’ondata di violenze che i terroristi stanno scatenando nella regione, sopratutto in Burkina Faso, Niger e Mali. I sei leader hanno convenuto che ognuno di loro, ovviamente secondo i mezzi a disposizione di ciascun Stato, avrebbe elaborato e definito nuove strategie d’intervento con i propri eserciti, naturalmente nell’ambito di strategie comuni.
La Coalition pour le Sahel (coalizione per il Sahel), come è stata chiamata, raggruppa i 5 Paesi dell’area e la Francia attraverso l’Operazione Barkhane e altri partner già operativi nella zona; la partecipazione è aperta ad altri Stati e/o organizzazioni che desiderano farne parte. Macron ha annunciato di voler inviare altri 220 soldati nel Sahel per consolidare la presenza di Parigi.
Il meeting di Pau, nel sud-ovest del Paese d’Oltrealpe è stato fortemente voluto da Parigi, viste le ostilità che parte della popolazione nutre contro la presenza delle truppe francesi, presenti in tutto il Sahel con 4.500 militari e della Missione di pace dell’ONU, MINUSMA, forte di oltre 13.000 persone. Pochi giorni fa si è svolta anche una manifestazione a Bamako, capitale del Mali, contro la presenza dei soldati stranieri, in particolare contro i francesi. Macron è stato persino rappresentato su alcuni cartelloni come Hitler, bandiere francesi sono state bruciate.
Gli omologhi del presidente francese non si sono pronunciati in merito, anche se a dicembre alcuni di loro avevano mostrato perplessità nei confronti della missione Barkhane, perchè malgrado la massiccia presenza di forze straniere, le aggressioni dei terroristi sono sempre più frequenti.
Macron aveva fissato la riunione con i suoi omologhi già a dicembre, era stata rinviata dopo la strage di Inates in Niger. Allora erano stati trucidati 70 soldati nigerini. Nel frattempo durante un nuovo attacco, avvenuto il 9 gennaio, altri 89 militari sono morti durante un’aggressione a Chinégodar, nella regione di Tillabéri, al confine con il Mali. L’ultima carneficina è costato la testa al capo di Stato maggiore dell’esercito nigerino, Ahmed Mohamed e al capo di Stato delle forze terrestri, Sidikou Issa. Sono stati sostituiti entrambi. La decisione è stata presa durante il Consiglio dei ministri, tenutosi alla vigilia della partenza di Issoufou per Pau.
In un comunicato a margine del vertice, i presidenti del G5 Sahel hanno espresso la loro riconoscenza agli Stati Uniti per il loro appoggio e collaborazione nella lotta contro i jihadisti, auspicando che gli interventi di Africom proseguano anche in futuro. Circola voce che AFRICOM, commando militare USA per l’Africa creato nel 2007, voglia diminuire la sua presenza in Africa. Lo stato maggiore di AFRICOM ha sede in Germania; nel continente africano sono dislocati 7.000 soldati, la metà a Gibuti, 2.000 sono impegnati nella formazione di truppe africane. Non si esclude che venga chiusa la più grande base per droni americana a Agadez in Niger.
Secondo il rapporto dell’ONU dell’8 gennaio scorso, negli ultimi anni i morti dovuti alle incursioni dei terroristi si sono quintuplicati: nel 2019 sono stati registrati oltre 4.000 decessi nel Sahel contro i 700 del 2016. Inoltre, l’azione degli attacchi si è spostata verso est, dal Mali verso il Burkina Faso. Mezzo milione di persone hanno lasciato le loro case, cercando protezione nei campi per sfollati; altri 25.000 si sono spostati in Paesi confinanti. La gente non si fida più del governo, degli amministratori locali.
Il responsabile dell’Ufficio dell’ONU per l’Africa dell’ovest e del Sahel (UNOWAS), Mohamed Ibn Chambas, i governi, gli attori locali, le organizzazioni regionali, nonchè la comunità internazionale, pur avendo già messo in campo risposte per contrastare il terrorismo violento, dovrebbero rinforzare azioni in questa direzione.
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Natale di sangue in tutto il Sahel: attacchi terroristi in Burkina Faso, Mali e Niger