Cornelia I. Toelgyes
12 gennaio 2020
La Liberia restituisce al mittente 4 container marittimi contenenti tonnellate di sacchetti in politene pieni di rifiuti. Il materiale è stato contrabbandato nel Paese dalla Grecia.
A causa del cattivo odore proveniente dai container in questione, gli agenti doganali anticontrabbando del porto di Monrovia hanno allertato immediatamente l’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA). Dopo aver analizzato il carico malodorante, aperto un’indagine, i funzionari dell’Agenzia hanno scoperto che in Grecia è vietato riciclare quel tipo di sacchetto, dunque si suppone che siano stati venduti a un commerciante di rifiuti locale, che li ha poi imbarcati e inviati in Liberia.
La costa del Paese, lunga 363 chilometri, è purtroppo scarsamente controllata dalle autorità marittime locali e non di rado pescherecci battenti bandiera straniera, operano indisturbati nelle acque liberiane. Ma stavolta, per un caso fortuito, le autorità hanno reagito e preso le misure adeguate. L’Africa non è l’immondezzaio dell’Occidente.
Finalmente uno spiraglio di luce per l’amministrazione del presidente George Weah, fortemente criticata da gran parte della popolazione. In migliaia sono scesi in piazza all’inizio dell’anno per protestare contro la situazione economica a dir poco in caduta libera dopo l’insediamento dell’ex campione di calcio. Certo, anche prima dell’ascesa dell’attuale leader il quadro socio-politico-economico del Paese era difficile.
Weah è succeduto a Ellen Johnson Sirleaf – che ha guidato il Paese dal 2006 al 2018 – e durante la sua campagna elettorale aveva promesso la riduzione della povertà e di combattere la corruzione galoppante, inoltre aveva garantito sicurezza e il diritto di manifestare. Peccato che il 3 gennaio abbia dato l’autorizzazione alle forze dell’ordine di usare gas lacrimogeni e idranti per disperdere i manifestanti.
Già durante la scorsa estate erano scesi in strada in migliaia, chiedendo migliori condizioni di vita, nettamente peggiorate con il passare dei mesi. A giugno i suoi oppositori avevano inoltre invitato il presidente a chiarire l’utilizzo di 25 milioni di dollari ritirati in furia e fretta nel 2018 dai conti della Riserva federale di New York, per dare uno spiraglio all’economia. Un gruppo di lavoro, nominato dal presidente, ha scoperto delle incongruenze e anomalie tra le dichiarazioni fatte e il reale utilizzo dei fondi.
Henry Costa, uno degli organizzatori della protesta e capo del gruppo Council of Patriots ha spiegato: “Chiediamo che il presidente siluri in toto il suo team addetto all’economia. Ci ha ridotto in miseria, è responsabile della catastrofica situazione attuale”. Infine ha aggiunto: “Abbiamo inviato una petizione al presidente, chiedendogli di prendere misure contro la galoppante corruzione, la cattiva governance, le violazioni contro la Costituzione, ma lui si rifiuta di agire. Non è intervenuto in alcun caso, non ha dato seguito alle nostre richieste”.
La grave crisi economica si fa sentire in tutti settori: le banche non riescono a pagare i correntisti, i salari arrivano con grande ritardo e i beni di prima necessità sono saliti alle stelle. I commercianti dei mercati locali si lamentano, non ci sono acquirenti, non ci sono soldi e loro stessi non possono più mandare i figli a scuola perchè non sono in grado di pagare le rette.
Finora poche delle promesse di Weah sono state realizzate. E’ molto contestato da una parte della popolazione perchè appena insediatosi, secondo i critici, ha costruito diversi edifici, tra questi anche uno con 50 appartamenti. Inoltre non viene apprezzato che si sposti con un jet privato insieme ai suoi numerosi collaboratori. Ma i suoi fedelissimi lo difendono.
Lenn Eugene Nagbe, ministro dell’Informazione è dell’avviso che l’élite politica non lo ha mai accettato veramente: “Stanno usando tutti i mezzi per delegittimare la sua elezione e indebolire la sua autorità”.
La storia della Liberia è un caso unico nel panorama africano. Lo Stato è nato infatti per iniziativa di un gruppo di schiavi affrancati, tornati in Africa dagli Stati Uniti, finanziati nel loro avventuroso viaggio da un gruppo di aziende private. La capitale del Paese si chiama Monrovia in onore del presidente James Monroe che promosse l’iniziativa. Anche la bandiera ricorda quella americana nella forma e nei colori.
Il Paese conta poco più di 4,6 milioni di abitanti. E’ uno degli Stati più poveri del Continente con un’entrata pro capite annuo di soli 455,37 dollari e un alto tasso di disoccupazione.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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