Costantino Muscau
31 dicembre 2019
Rompendogli un braccio han rischiato di tagliargli le gambe. Il che per un ciclista è la peggiore delle disgrazie. Se però il corridore è una promettente stella (nera) del pedale sudafricano e gli autori della frattura sono alcuni maldestri e violenti rangers sudafricani del Table Mountain National Park di Città del Capo, la disgrazia ricade su di loro e diventa una vergogna nazionale e internazionale.
Tutto ha inizio venerdì 27 dicembre scorso. Nicholas Dlamini, 24 anni, ciclista professionista, mentre si allena nella zona Silvermine del Parco della celebre Montagna piatta , viene fermato da un gruppo di guardiani, noti come SANParks rangers. Alla richiesta di esibire il permesso di circolazione in bici dentro l’area protetta, ne scaturisce un alterco. Segue una violenta aggressione da parte dei rangers che non vanno tanto per il sottile se arrivano a provocare la frattura dell’omero sinistro di Dlamini.
La scena è filmata col telefonino da un altro ciclista, Donovan Le Cock, che corre lì per caso. Le Cock posta il filmato su Whatsapp per il gruppo di ciclisti di Città del Capo, poi su twitter. Le immagini fanno il giro del mondo provocando sdegno e rabbia. E la sospensione (domenica) dei 5 rangers da parte del ministero Pesca, Foresta e Ambiente, che ha aperto un’inchiesta “indipendente”.
Nicholas “Nic finisce” al False Bay Hospital, viene confermata la frattura (la radiografia appare su Internet), poi è trasferito in un’altra struttura dove subisce un intervento chirurgico. Una sua foto, con lui appisolato e la spalla fasciata, viene diffusa il giorno dopo su Twitter da un suo amico, Sven Thiele.
Intanto divampa la polemica, a tutti i livelli. Ad alimentarla basta e avanza il video di Donovan Le Cock. Senza dubbio alcuno si è di fronte a un gesto di “violenza gratuita, immotivata, sconvolgente”, come dichiara il presidente della società ciclistica NTT, Douglas Ryder, che aggiunge “Vedere un ragazzo che io conosco bene essere trattato in questo modo, fa stare veramente male. Inaccettabile!”.
Dlamini, infatti, viene immobilizzato contro il furgone della compagnia dei sorveglianti, che cercano di spingerlo dentro come fosse una bestia. Uno gli attorciglia il braccio sinistro dietro la testa tanto da causare la frattura dell’omero. Un altro ranger si rivolta contro il fotografo e cerca di strapparli il telefonino. Intervistato dal sito Velonews, Le Cok ha dichiarato: “I rangers hanno fatto cadere il mio collega nel tentativo di fermarlo mentre si apprestava a uscire dal parco. Gli hanno rovinato la bici e Nic si è fatto male, si è rialzato, sotto choc e ha protestato. Quelli evidentemente non sono abituati alle reazioni dei cittadini e allora è stato affrontato da uno dei 5, gli ha girato il braccio finchè non glielo ha rotto. Nic continuava a gridare che il braccio era spezzato. Io ho smesso di filmare quando hanno iniziato ad essere aggressivi anche nei miei confronti tentando di portarmi via il telefonino”. Le Cock ha ricordato come l’accesso al Parco sia controllato (dal sito si deduce che una giornata in bici costa poco più di 6 euro, ma che tanti hanno un pass annuale). “E’ stata una scena veramente inquietante e preoccupante – ha continuato a dire Le Cok –. L’aspetto peggiore che questi rangers, pagati per contrastare il bracconaggio e i contrabbandieri, sono noti per la loro aggressività”. Deve essere vera questa affermazione se il giorno dopo il chairman del Mountain Club South Africa (Msca), Martin Hutton-Squire ha dichiarato che non si tratta di un “incidente isolato e questa può essere l’occasione di denunciare episodi simili”.
Stavolta la vicenda ha avuto risonanza vastissima perché Dlamini è un corridore molto noto così come il suo gruppo sportivo, Team NTT (che prima si chiamava Dimension Data). Senza dimenticare che il ciclismo in Sud Africa ricorda anche la maledetta segregazione. Pochi sanno – e immaginano – che già nel lontanissimo 1903 a Johannesburg circolavano tanti ciclisti “come in poche altre parti del mondo. Al punto che si diceva che i bambini imparavano a pedalare prima di camminare”. Lo scrive Njogu Morgan nel libro Cycling Cities: Johannesburg, pubblicato per la Fondazione per la Storia della Tecnologia. La bici veniva usato per diletto e per andare al lavoro. Poi venne l’apartheid. E, ricorda l’autore, il popolo venne spinto ai margini dalla segregazione razziale, lontano dalla città e dai posti di lavoro. E la bici scomparve. Ma non la passione, che è ridivampata negli ultimi anni.
Su Nicholas, che ha preso parte, fra l’altro, a diversi Giri di Spagna, il ciclismo africano ha scommesso molto per le prossime Olimpiadi 2020 a Tokio. Il Team NTT, (non a caso sorto proprio a Johannesburg), conta diversi campioni europei, compresi 5 italiani. Pochi giorni fa ha arruolato anche il nostro Domenico Pozzovivo, 37 anni, che in agosto era stato investito da un’auto mentre si allenava in Calabria. Tante fratture e paura di aver finito la carriera, la stessa che ora attanaglia Nic. Dal suo letto d’ospedale Nic ha ringraziato la marea di campioni, a cominciare da Chris Froom, di tifosi e non, che gli hanno espresso la loro solidarietà. Ma ha anche dato mandato a uno studio legale internazionale, il Norton Rose Fulbright, di tutelarlo. Non vuol lasciare impunita l’arroganza di cinque rangers della Montagna della Tavola.
Costantino Muscau
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