Speciale per Africa ExPress
Cornelia Toelgyes
19 dicembre 2019
Dal giorno del suo insediamento nel settembre 2017 come presidente dell’Angola, João Lourenço, ha fatto cadere molte teste, tra loro non solamente quelli di spicco come i fratelli dos Santos e diversi generali, ma anche manager di aziende statali e alti funzionari del governo. E, anche grazie alla sanatoria lanciata all’inizio del 2018, miliardi di dollari sono rientrati nel Paese.
Il ministro angolano della Giustizia e dei Diritti Umani, Francisco Queiroz, a Dubai, durante l’ottava Conferenza degli Stati che partecipano alla convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Corruzione, ha comunicato che dall’inizio dell’anno il suo Paese sarebbe riuscito a recuperare oltre 5 miliardi di dollari, sottratti alle casse dello Stato.
L’agenzia di stampa statale angolana, ANGOP, ha precisato che 3 dei 5 miliardi sarebbero stati rubati a suo tempo dal fondo statale petrolifero e restituiti recentemente da un partner commerciale. L’ex presidente Josè Edoardo dos Santos, al potere nella ex colonia portoghese dal 1979 al 2017, aveva nominato il figlio José Filomeno alla guida del fondo nel 2013. All’inizio dello scorso anno Lourenço ha silurato il rampollo, che pochi mesi dopo è stato accusato di frode per aver autorizzato un versamento ritenuto sospetto e che si aggira sui cinquecento milioni di dollari. A settembre, mentre erano ancora in corso le indagini, José Filomeno è stato arrestato.
Il processo contro l’ex presidente del fondo statale petrolifero si è aperto il 9 dicembre davanti alla Corte suprema di Luanda. Insieme a José Filomeno ci sono altri tre presunti complici, tra loro anche l’ex governatore della Banca centrale, Valter Felipe da Silva. L’atto di accusa parla chiaro: “Arricchimento personale con soldi statali”.
Secondo la procura generale, gli accusati, mentre erano ancora in servizio, avrebbero trasferito 500 milioni di dollari depositati presso la Banca centrale di Luanda su un conto di una delle succursali londinesi del Credito Svizzero nel settembre 2017, nel quadro di una più ampia operazione di frode.
Durante la prima udienza l’avvocato di da Silva ha chiesto al giudice se durante il processo sarebbe stato sentito come testimone anche l’anziano ex presidente dos Santos, in quanto il suo cliente avrebbe agito in base all’obbedienza gerarchica. Finora il giudice non si è ancora pronunciato in merito.
José Filomeno ha respinto qualsiasi addebito e ha replicato al giudice, Joao Da Cruz Pitra, che presiede il dibattito processuale presso la Corte suprema: “Se non fossi il figlio dell’ex capo di Stato, non mi troverei qui per essere giudicato da voi”. In poche parole il rampollo di dos Santos è convinto di essere la vittima di un regolamento di conti politico.
Lourenço ha rimosso già due anni fa anche la primogenita Isabel da presidente della Sonangol, la compagnia petrolifera di Stato.
Cornelia I. Toelgyes
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