Cornelia I. Toelgyes
15 dicembre 2019
L’ex uomo forte del Sudan, Omar Al Bashir, ieri è stato riconosciuto colpevole di corruzione e riciclaggio da un Tribunale di Khartoum. La Corte gli ha inflitto una pena di due anni che dovrà scontare in un riformatorio statale.
Il giudice Al-Sadiq Abdelrahman ha specificato che “secondo la legge” un anziono di 70 anni non può scontare la pena in prigione. Ma forse il giudice si è dimenticato che proprio l’imputato nel 2015 aveva spedito in un carecere di massima sicurezza molti suoi oppositori politici ultra-ottantenni, tra loro anche Hassan Al Turabi, leader del partito islamico sudanese.
Una sentenza farsa, l’ex dittatore di Khartoum resta ancora quasi intoccabile. Poco prima che venisse letta la sentenza, alcuni supporter dell’ex presidente hanno interrotto l’udienza e il processo è stato ripreso solo dopo che le forze di sicurezza li hanno scortato fuori dall’aula. Piccoli disordini si sono verificati anche davanti al tribunale.
Al Bashir è salito al potere nel 1989, quando, come colonnello dell’esercito sudanese, ha guidato un gruppo di ufficiali in un incruento colpo di Stato militare che ha rimosso il governo del primo ministro Sadiq al-Mahdi. E’ stato deposto lo scorso 11 aprile dall’esercito sudanese.
Il 17 aprile di quest’anno l’ex presidente, che dal giorno del golpe era stato messo agli arresti domiciliari, è stato condotto al carcere di massima sicurezza di Kobor nella capitale Khartoum. Pochi giorni più tardi, durante una perquisizione nella sua residenza, sono stati trovati ingenti somme di denaro in valuta estera e sterline sudanesi.
Questa è la prima “condanna” inflitta a Al Bashir; sulla sua testa pende un mandato d’arresto internazionale, emesso nel 2009 dalla Corte Penale Internazionale per genocidio e crimini di guerra commessi in Darfur. Malgrado ciò, mentre era al potere, è riuscito a spostarsi dal Paese senza che nessuno lo consegnasse alla giustizia. Questo perchè il CPI non ha una forza di polizia propria, ma delega gli Stati membri a fermare le persone sospette o colpite da un mandato di cattura.
Cornelia I. Toelgyes
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