Cornelia I. Toelgyes
9 dicembre 2019
Medici Senza Frontiere ha evacuato temporaneamente il proprio personale da Biakato, nella provincia di Ituri, nella Repubblica Democratica del Congo. Ituri e Nord-Kivu sono le due regioni colpite dalla 10ma epidemia di ebola dal 1°agosto 2018.
Il 3 dicembre scorso un folto gruppo di uomini, armati di machete e bastoni sono entrati nel centro medico, dotato anche di un reparto di isolamento per i malati colpiti dalla febbre emorragica minacciando il personale. E non è la prima volta che ciò accade. Per fortuna questa volta non ci sono state conseguenze. Nessuno è stato ferito o ucciso, come è successo alla fine di novembre, quando in due attacchi perpetrati contro lo staff anti-ebola sono stati ammazzati 4 membri dell’equipe e sei altri sono stati feriti.
Jean-Jacques Muyembe, coordinatore nazionale per la lotta contro ebola, ha chiesto massima collaborazione alla popolazione. “Dovete accettare la presenza della malattia, ebola esiste. In altre zone, dove i residenti hanno collaborato, siamo riusciti a dominare il virus, a controllare i contagi. Riusciremo a debellare questo terribile flagello solamente se la gente del luogo collabora, altrimenti le conseguenze saranno catastrofiche”.
E sempre nella provincia di Ituri, il gruppo armato CODECO (acronimo per Cooperativa per lo sviluppo nel Congo, formato da miliziani di etnia Lendu) il 6 dicembre avrebbe sequestrato 12 persone nel campo di pesca Kango, nell’area di Losandrema, sulle rive del lago Alberto, mentre altre tre sarebbero state uccise sul posto.
Dal 1° agosto 2018 al 4 dicembre (secondo l’ultimo bollettino rilasciato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) sono decedute 2203 persone. Oltre 3313 hanno contratto il virus, mentre 1084 sono guarite, altre sono ancora sotto terapia.
Il Paese non è flagellato solo da ebola, il morbillo ha fatto oltre 5000 vittime quest’anno. Kate O’Brien, direttrice del dipartimento di immunizzazione dell’OMS ha precisato che è in atto la peggior epidemia mai vista. Le autorità sanitarie della ex colonia belga parlano di ben oltre 250mila casi da gennaio a fine novembre 2019 e ha causato più morti della febbre emorragica. I più colpiti sono i neonati e i bambini, malgrado la vasta campagna di vaccinazioni messa in campo. Le equipe sanitarie fanno del loro meglio, è tuttavia difficile arginare epidemie di una tale ampiezza quando vengono colpiti proprio coloro che si adoperano per porre rimedio alle patologie e circoscrivere i contagi.
Se la situazione è grave nella provincia di Ituri, nel Nord-Kivu è un massacro continuo. Rappresentanti della società civile hanno denunciato l’ennesima carneficina nel villaggio di Mantumi, nell’area di Mbau, Beni, nell’est della ex colonia belga. Giovedì scorso i ribelli di Allied Democratic Forces (ADF), organizzazione islamista terrorista ugandese, operativa anche nel Congo-K dal 1995 avrebbero attaccato i residenti in pieno giorno, attorno le 14.00. Quattordici residenti, tra loro anche 6 donne, sono stati brutalmente ammazzati con machete e colpi di arma da fuoco. L’esercito congolese avrebbe respinto i miliziani di ADF, ma nel villaggio non è rimasto più nessuno. Sono tutti scappati, con la speranza di trovare protezione altrove.
Da novembre a oggi hanno perso oltre 100 civili, c’è chi parla addirittura di 150 vittime e secondo gli esperti si tratta di una rappresaglia alle operazioni militari in atto dalla fine di ottobre contro i ribelli ADF e altri gruppi armati attivi nella zona, responsabili di sanguinarie incursioni.
La società civile del Congo-K ha chiesto alla Corte Penale Internazionale dell’Aja di far luce sui crimini commessi a Beni. “E’ davvero urgente che la Procura del CPI indaghi per identificare gli autori dei recenti massacri.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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