Cornelia I. Toelgyes
6 dicembre 2019
Lo Zimbabwe è sconvolto da una grave carestia. L’ex granaio dell’Africa, flagellato da catastrofi naturali, inflazione, povertà, disoccupazione e sanzioni economiche rischia la più grave crisi alimentare della sua storia: il 60 per cento della popolazione è minacciata da insicurezza alimentare.
Hilal Elver, relatore speciale per l’alimentazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ha recentemente visitato il Paese in lungo e in largo. Donne e bambini sono i più vulnerabili. Il 90 per cento dei piccoli tra sei mesi e due anni non consumano sufficientemente cibo. Gran parte delle famiglie riesce a mala pena mettere in tavola un solo pasto al giorno.
La malnutrizione è ormai endemica in tutto il Paese, sia nelle zone rurali che in quelle urbane. Nonne, madri, zie sono disperate, non sanno più cosa dare da mangiare a nipoti e figli. Anche se nei supermercati il cibo non manca, i più non sono in grado di acquistarlo. L’inflazione che si avvicina al 490 per cento, è una delle cause di questa grave crisi alimentare e ha messo in ginocchio gran parte della popolazione. Se si aggiunge anche la corruzione generalizzata e le restrizioni economiche il quadro è presto fatto.
La Elver ha chiesto interventi immediati al governo, che deve rispettare, proteggere e adempiere al proprio dovere per quanto concerne i diritti umani e a livello internazionale affinchè vengano revocate le sanzioni economiche, imposte nel 2002 per violazioni dei diritti umani e i sequestri di fattorie di proprietà di cittadini bianchi da parte dell’amministrazione dell’ex presidente Robert Mugabe.
L’anziano leader, deceduto in una clinica a Singapore lo scorso settembre all’età di 95 anni, dopo essere stato protagonista assoluto della politica del suo Paese, è uscito di scena dalla porta posteriore il 21 novembre 2017, dopo aver firmato di proprio pugno la lettera di rinuncia all’incarico presidenziale. Ha lasciato il suo Paese sul lastrico, spolpato dalla corruzione, distrutto da sentimenti di vendetta e rabbia. Un ex combattente per la libertà che si è trasformato in feroce dittatore e di conseguenza non ha saputo trasformarsi da guerrigliero in statista. Cosa invece che ha reso grande Nelson Mandela.
Il suo nome è ritornato alla ribalta in questi giorni, perché gli eredi non riescono a trovare il suo testamento. La figlia di Mugabe, Bona Chikore, ha detto che il padre avrebbe lasciato un patrimonio di oltre 10 milioni di dollari e diverse proprietà immobiliari, ma finora non si sa chi saranno i beneficiari dei suoi beni. Bona ha sottomesso il caso alla Corte suprema del Paese.
Per i suoi 14 milioni di abitanti la vita quotidiana è una lotta continua: penuria d’acqua, carburante, medicinali, denaro contante e un sistema sanitario – una volta fiore all’occhiello del Paese – allo sfacelo. L’ambasciatore degli Stati Uniti accreditato a Harare, Brian Nichols, ha fortemente criticato suoi social network la gestione catastrofica del Paese. “60 milioni di dollari di fondi pubblici sono spariti nel nulla e nessuno è tenuto responsabile di questo ammanco” ha aggiunto Nichols.
Ovviamente il ministro degli Esteri zimbabwiano, Sibusiso Moyo, non ha gradito tale critica e ha apostrofato il diplomatico come un membro dell’opposizione che insulta il governo.
Nel frattempo i medici continuano a scioperare. Chiedono che i loro salari vengano adeguati al tasso d’inflazione. Molti ospedali sono paralizzati, completamente vuoti, perchè non c’è nessuno che possa assistere i pazienti all’infuori dei pochi medici militari precettati nelle strutture pubbliche. Sono stati licenziati dal governo 448 sanitari, ma una Corte ha ordinato il loro immediato reintegro.
Anche il personale paramedico aveva partecipato alla lotta insieme ai dottori. Ma molti si presentano solo due volte alla settimana per l’elevato costo dei trasporti. Un’infermiera ha riferito che per recarsi al lavoro con un mezzo pubblico spende la metà del suo stipendio.
Ovviamente lo sciopero a oltranza dei medici pubblici non riguarda solamente lo stipendio. Nel Paese i farmaci sono quasi introvabili. E tra i professionisti molti hanno descritto lo stato delle strutture sanitarie governative come “trappole mortali”.
Cornelia I. Toelgyes
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@cotoelgyes
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