Omosessuali ancora nel mirino della polizia in Uganda: pronto l’ergastolo

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Speciale per Africa Express
Cornelia I. Toelgyes

26 ottobre 2019

Sedici militanti LBGT (termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) sono stati arrestati dalla polizia ugandese e costretti a sottoporsi al controllo anale.

Sui giovani, tutti tra 22 e 35 anni, pende ora l’accusa di gay sex e rischiano una condanna all’ergastolo. Tutti 16 sono stati prelevati lunedì dall’ufficio di “Let’s Walk Uganda”(un’organizzazione per la salute sessuale), dove lavorano e vivono.

Gli agenti sono intervenuti perchè chiamati dai vicini, che lamentavano comportamenti sospetti delle persone all’interno della casa dell’organizzazione. I 16 uomini sono stati arrestati e all’esterno dell’ufficio un folto gruppo aveva circondato l’edificio, urlando slogan omofobi contro i giovani.

La polizia ha raccontato di aver trovato lubrificanti, preservativi e farmaci antiretrovirali negli uffici dell’associazione. Gli accusati sono stati rilasciati con l’obbligo di firma a giorni prestabiliti presso la stazione di polizia giudiziaria.

L’Uganda, come molti Paesi africani, ha ereditato dalla potenza coloniale che la governava, il Regno Unito, parecchie norme tra cui quella che punisce l’omosessualità, anche tra persone adulte e consenzienti, come un qualunque reato.

Recentemente il ministro per l’Etica e l’Integrità, Simon Lokodo, aveva proposto di ripresentare in Parlamento la legge che prevede la pena di morte per i gay, ma il presidente Yoweri Museveni ha subito bloccato tale iniziativa e ha precisato: “L’ergastolo è più che sufficiente”.

Proposte del genere erano già state avanzate anche in passato, ma la comunità internazionale aveva minacciato che avrebbe sospeso finanziamenti e programmi di sviluppo se la legge fosse entrata in vigore.

La comunità LBGT è soggetta a discriminazioni e violenze nel Paese. Frank Mugisha, direttore esecutivo per le Minorità Sessuali in Uganda (SMUG) ha espresso preoccupazione per l’escalation degli attacchi omofobi.

Due settimane fa due donne transgender sono state aggredite e picchiate all’uscita di un night club e qualche giorno prima un giovane gay ruandese è stato malmenato davanti al suo ufficio a Kampala. Gli attivisti lamentano un forte aumento degli attacchi: solo quest’anno 4 persone sarebbero stata uccise. L’ultimo assassinio risale al 4 ottobre, quando un militante per i diritti dei gay è stato picchiato a morte.

La legge omofoba ugandese è stata pesantemente criticata anche dall’arcivescovo anglicano del Sud Africa e premio Nobel Desmond Tutu che l’ha paragonata alle leggi razziali varate in Germania durante il nazismo e all’apartheid nel suo Paese.

Sui temi della sessualità l’Uganda è assai conservatrice. Anni fa, nella battaglia contro l’AIDS il governo aveva lanciato una pesante e convincente campagna per l’uso del preservativo per contenere la malattia. I risultati erano stati ottimi. Poi c’erano state le proteste di gruppi cristiani integralisti (finanziati dall’amministrazione di George W. Bush) che predicavano la fedeltà, la campagna era stata sospesa e i progressi contro il male erano stati vanificati. Forse è stata salvata l’anima, ma il corpo è stato devastato.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

 

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