Cornlia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 23 settembre 2019
E’ nuovamente crisi tra Egitto e Etiopia. Appena ripresi i colloqui sulla spartizione delle acque del Nilo, i due Paesi hanno manifestato nuovamente divergenze di opinioni. D’altronde il Cairo ha da sempre sollevato le sue perplessità sulla realizzazione diga “Grand Ethiopian Renaissance”, temendo una riduzione del gettito delle acque del Nilo.
I lavori sono iniziati cinque anni fa e la realizzazione è stata affidata dal governo di Addis Ababa alla multinazionale italiana Salini Impregilo. Una volta terminata la costruzione del ciclopico impianto, il bacino avrà una lunghezza di 1,8 chilometri e una profondità di 155 metri, con una capienza di circa 74 miliardi di metri cubi d’acqua (come riportato sul sito di Salini Impreglio), che saranno sfruttati per produrre seimila megawatt di energia elettrica, l’equivalente di sei reattori nucleari. Sarà la diga più imponente di tutto il continente africano, pari solo a quella di Inga, sul fiume Congo, nel Congo Kinshasa, che funziona però al 10/15 per cento della sua capacità.
Durante gli ultimi negoziati, ai quali hanno partecipato i rappresentanti di Egitto, Sudan e Etiopia, le posizioni del Cairo e Addis Ababa sono rimasti invariate. Da un lato l’Egitto continua a sostenere che, una volta terminata la costruzione del Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), ci sarà un’importante riduzione del gettito delle acque del Nilo, mentre l’Etiopia afferma che l’opera non avrà nessun effetto negativo sull’Egitto e che la realizzazione del progetto è assolutamente indispensabile per lo sviluppo economico del proprio Paese.
La delegazione etiopica è rimasta ferma e irremovibile, non intende accettare il progetto elaborato dall’Egitto. Addis Ababa presenterà una nuova proposta, ha precisato Seleshi Bekele, ministro delle Risorse Idriche, Irrigazione e Energia etiopico. E ha aggiunto: “La proposta egiziana è stata decisa unilateralmente e non rispetta il precedente accordo”.
Etiopia, Egitto e Sudan avevano anche stipulato un accordo sulla creazione di un comitato scientifico, incaricato di studiare l’impatto della diga. Gli esperti avevano consigliato che, una volta ultimato lo sbarramento, durante la fase di riempimento (si calcola che ci vorranno non meno di tre anni) l’Etiopia dovrebbe consentire la prosecuzione di un gettito d’acqua pari a 35 miliardi metri cubi, mentre l’Egitto ne pretende 40. Il gettito annuo del Nilo Azzurro è di 49 miliardi metri cubi. Durante il prossimo incontro il team di scienziati dovrà nuovamente valutare le proposte dei due Stati e ciò significa che le trattative devono ripartire da zero.
Il tempo stringe, il ciclopico progetto è ormai nella fase terminale. Entrerà in produzione nel 2020 e dovrebbe essere completamente operativo nel 2022. Certo, per l’Etiopia la diga è davvero importante, in quanto oltre a diventare il primo esportatore di energia elettrica dell’Africa, il governo di Addis Ababa potrà sviluppare la sua rete ferroviaria e, sopratutto, creare nuove zone industriali.
Dall’altra parte l’Egitto teme una penuria nell’approvvigionamento idrico, in quanto attinge dal Nilo il 90 per cento del proprio fabbisogno. Inoltre, secondo quanto riferito da Kevin Wheeler, di Environmental Change Institute dll’università di Oxford, gli egiziani paventano una notevole riduzione del livello dell’acqua dello sbarramento di Assuan quando il Grand Ethiopian Renaissance inizierà la produzione a pieno regime.
In un’intervista rilasciata alla Deutsche Welle (DW), Wheeler sostiene che l’Egitto, per non compromettere la propria produzione di energia elettrica, cerca di ostacolare la controparte etiopica, pretendendo che la nuova diga venga riempita lentamente. Ma Addis Ababa ha fretta, la popolazione ha fame, gli scontri etnici creano grossi problemi al governo di Ahmed Abiy, il giovane presidente al potere dall’aprile 2018. Dunque non sarà semplice trovare un compromesso tra i due governi.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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