Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 3 settembre 2019
L’ondata di xenofobia che travolge il Sudafrica da anni, si sta scatenando con tutta la sua furia in questi giorni nelle maggiori città, in particolare a Johannesburg e Pretoria.
Domenica scorsa sono state nuovamente prese d’assalto attività commerciali di cittadini stranieri, provenienti da altri Paesi africani e, secondo le autorità di Johannesburg, ieri in città sono morte tre persone e un altra quarantina sono state arrestate. Un’altra è finita dietro le sbarre a Pretoria e otto a Tembisa. A Johannesburg la polizia è intervenuta con gas lacrimogeno, pallottole di gomma e flashbang (granate stordenti) per disperdere la folla.
Durante la giornata di ieri camionisti e tassisti, particolarmente agguerriti contro i migranti africani, hanno eretto barricate non autorizzate su diverse vie di comunicazione un po’ ovunque. Da oltre un anno gli autisti attaccano i conducenti stranieri congolesi, zambiani e zimbabwesi sulle strade, accusandoli di rubare il lavoro ai sudafricani.
La disoccupazione ha raggiunto il 29 per cento e il governo del presidente Cyril Ramaphosa, eletto lo scorso maggio, non riesce a sollevare l’economia, creare nuoi posti di lavoro e a combattere la corruzione, motivo per il quale l’ex leader sudafricano Jacob Zuma è stato costretto a rassegnare le dimissioni lo scorso anno.
Incoraggiati appunto da camionisti e tassisti, almeno 500 comuni cittadini sudafricani hanno saccheggiato e bruciato negozi gestiti da immigrati africani a Turffontein, quartiere nella periferia di Johannesburg, ma, secondo le autorità, disordini simili si sarebbero verificati in sei altri sobborghi della città. Le attività appartenevano per lo più a somali, pakistani e nigeriani.
Ma il governo cerca di gettare acqua sul fuoco. Bheki Cele, ministro della Polizia, ha detto: “Si tratta di semplice criminalità e non di xenofobia. La gente ruba e per il momento non posso assolutamente affermare di conflitto tra sudafricani e migranti”. Eppure il comunicato dei manifestanti era chiaro: “Quando è troppo è troppo. Fuori gli stranieri”.
Secondo quanto riferito da Agence France Presse, ieri è stato postato su diversi social network un opuscoletto volto a incoraggiare i sudafricani a cacciare gli stranieri dalle loro comunità. Nella propaganda anti-migranti, firmata da un gruppo Sisonke Peoples Forum, i residenti provenienti da altri Paesi – sopratutto africani – vengono accusati di spaccio di droga e di rubare il lavoro ai locali.
La febbre di xenofobia è scoppiata nuovamente pochi giorni prima dell’edizione africana di World Economic Forum che si svolgerà nei prossimi giorni a Città del Capo e della visita di Stato programmata per il prossimo mese di Muhammadu Buhari, presidente della Nigeria, Paese d’origine di gran parte dei migranti presenti nel più grande Stato dell’Africa australe.
Il governo nigeriano ha fatto sapere di voler prendere provvedimenti per proteggere i propri cittadini e tutte le attività commerciali e economiche in Sudafrica. E il governo zambiano ha allertato i propri camionisti di non entrare nel Paese.
La situazione è incandescente, anche se Ace Magashule, segretario generale di African National Congress, il partito al potere, ha precisato durante un programma televisivo: “Queste violenze sono inaccettabili”. In passato altri politici di ANC avevano fatto invece commenti anti-migranti. E il sindaco di Johannesburg, Herman Mashaba di Democratic Alliance, partito all’opposizione, è stato aspramente criticato da associazioni per la difesa dei diritti umani per i suoi frequenti attacchi contro i “clandestini”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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Purtroppo e' molto probabile che gli immigrati siano strettamente legati al narcotraffico. Lo dico in quanto anche in italia abbiamo la stessa bruttissima piaga. In merito al lavoro, gli immigrati che provengono dai paesi paradossalmente piu poveri, per esempio la nigeria, in realta' non rubano il lavoro ma sono disponibili a fare lo stesso lavoro che potrebbe fare benissimo un sudafricano ma facendosi pagare circa un terzo in meno e non rivendicando gli stessi diritti dei lavoratori autoctoni. E' il neoliberismo