Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 30 agosto 2019
Glory Honde tiene in braccio la sua splendida bimba di tre mesi. Oggi è tornata nella clinica Achikondi per far pesare la piccola. Insieme a lei, una decina di altre donne, alcune in stato interessante, altre che hanno partorito poco fa, attendono pazientemente il proprio turno.
Glory è raggiante. E non solo perchè sua figlia sta bene. Anche lei stessa è in ottima salute perchè ha ricevuto le cure appropriate ed è stata accudita amorevolmente da tutto lo staff durante la breve permanenza all’Achikondi.
La clinica Achikondi si trova in un quartiere periferico di Lilongwe, la capitale del Malawi. E’ stata fondata nel 2008 da una donna eccezionale, Charity Salima, un’ostetrica, che, da quando è andata in pensione dal servizio pubblico, ha deciso di aprire un piccolo reparto di maternità nella propria abitazione. “Sono rimasta profondamente colpita dal dolore di molti genitori per la perdita del loro bimbo, morto durante o subito dopo il parto e vederli tornare a casa senza il loro figlio in braccio è sempre stato straziante”.
L’ospedale è piccolo e ha risorse limitate, ma è davvero prezioso in un Paese come il Malawi, dove la percentuale delle morti neonatali è tra le più alte al mondo: 23 bimbi su mille. Secondo l’UNICEF, la maggior parte dei piccolissimi muoiono perchè nati prematuri (33 per cento), asfissia e traumi (25,8 per cento), infezioni gravi (18,6 per cento).
Molte madri non hanno accesso al servizio sanitario nazionale anche perchè spesso è difficile raggiungere gli ospedali per coloro che abitano in villaggi remoti.
Il ministero della Salute sta tentando di arginare il problema, ma i progressi raggiunti finora non sono sufficienti. Dorothy Ngoma, ex presidente delle infermiere e ostetriche del Malawi, ritiene che il governo non dia sufficientemente importanza alla salute delle madri e dei loro bimbi. “Non è tra le priorità dei nostri politici. Eppure i soldi ci sono, ma vengono utilizzati male e impropriamente”, ha sottolineato Ngoma.
Salima è nata alla fine degli anni 50. E’ stata cresciuta dalla nonna, che, malgrado mille difficoltà, è riuscita a far studiare la nipote, che ha ottenuto il diploma di infermiera professionale e ostetrica. Per molti anni ha poi lavorato nel più grande ospedale del Paese, il Queen Elizabeth Central e in seguito in altri due nosocomi statali. Già prima del pensionamento, molte giovani madri avevano chiesto aiuto a Salima e nel 2002 ha fatto nascere una bimba nella sua casa. “Era notte e pioveva a dirotto. La donna e suo marito non sapevano come raggiungere l’ospedale. Sono venuti da me e l’ho assistita durante il parto. Da quel momento in poi ho capito che dovevo agire, fare qualcosa per la mia gente, per le mamme in dolce attesa. E’ stata come una chiamata”. Per molti anni Salima ha continuato ad assistere partorienti a casa sua.
Una volta raggiunta l’età della pensione, anche se le sue risorse erano poche, Salima ha affittato una casa, trasformandola in una piccola clinica nella periferia della capitale, chiamata Area 23. Dopo poco la Norwegian Nurses Organization ha fatto una donazione di 2.650 dollari. Con questo denaro è stato possibile acquistare un terreno e avviare la costruzione della piccola maternità. Grazie alla generosità di un amico britannico ha potuto poi completare l’opera.
Oggi Salima è vista come la Florence Nightingale (infermiera britannica fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna) del Malawi. Da quando ha aperto la sua piccola clinica nel 2008, ha fatto nascere oltre 8000 bambini e finora nessun neonato e puerpera sono morti. Un vero successo per il Malawi.
Il piccolo nosocomio è aperto 24 ore su 24 e oltre a Salima vi lavorano altre tre infermiere. Le mamme vengono monitorate durante tutta la gravidanza e in caso di pericolo Salima le trasferisce immediatamente al Bwaila District Hospital. “Non possiamo permetterci di perdere tempo, qui sono sempre in gioco due vite: quella della mamma e quella del bambino.
Il costo per un parto è modesto, circa 20 dollari, eppure non tutte le famiglie possono permettersi di pagare tale cifra. “Ma non possiamo negare l’assistenza sanitaria solo perchè le mamme sono povere. Sì, anche noi abbiamo molte spese e a volte facciamo fatica a pagare le bollette”.
“Anche se qui ogni mese vengono al mondo tra 40 e 60 neonati, la Achikondi va avanti grazie alle donazioni. L’ambulanza, per esempio, è stata regalata da un gruppo di infermiere scozzesi e la Freedom from Fistula Foundation ci aiuta con le spese quotidiane, ma il loro supporto è stato garantito solo fino a settembre. Poi si vedrà – ha raccontato Salima e ha aggiunto – Vorrei tanto aprire altre cliniche in tutto il Paese, specialmente laddove gli ospedali sono difficili da raggiungere”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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