La realizzazione di questo articolo è stata possibile grazie al finanziamento
ricevuto da tanti lettori dopo il lancio della campagna di crowdfunding.
Ringraziamo chi ci sta dando una mano per reperire i mezzi necessari
a continuare le inchieste giornalistiche.
Vogliamo scoprire la verità. E ci riusciremo grazie a voi.
Africa ExPress
Clicca qui se vuoi aiutare l’indagine giornalistica
Massimo A. Alberizzi
Malindi, 30 luglio 2019
È cominciata la sfilata dei testimoni (una trentina) al processo per il rapimento di Silvia Romano. In realtà i processi sono due. Alla sbarra, in quello di ieri, Moses Luari Chende, un keniota giriama, l’etnia che abita sulla costa del Paese, e Abdulla Gababa Wari, anche lui keniota, ma della tribù orma (quella accusata di aver organizzato il sequestro) di origine somala.
Un terzo accusato di aver preso parte al sequestro, Ibrahim Adan Omar, sarà giudicato a parte in un caso differente. Secondo gli inquirenti perché è stato catturato lontano da Chakama, e vicino a Garissa, durante un’altra operazione di polizia ed è stato trovato in possesso di armi da fuoco. Il suo processo comincerà il 19 agosto.
L’udienza di ieri si è svolta in swahili, difficile (anzi impossibile) quindi da seguire, nonostante alcuni interpreti messi all’opera da Africa ExPress e dal Fatto Quotidiano. I due indiziati erano presenti: Abdulla Gababa Wari, veniva dal carcere dove è rinchiuso, Moses Luari Chende invece è arrivato (e finito il processo è andato via) con le sue gambe. Secondo gli atti a disposizione era stato arrestato subito dopo il sequestro di Silvia, il 20 novembre dell’anno scorso, ma subito rilasciato dopo aver pagato un’ingente cauzione: tre milioni di scellini, l’equivalente di 25 mila euro.
Una cifra enorme da queste parti, particolarmente depresse, dove il salario medio sfiora i mille euro all’anno. Alcuni giornalisti kenioti presenti al processo si domandavano come Moses avesse potuto raccogliere quella montagna di denaro. Un interrogativo che fa supporre che ci sia qualcuno di ricco e forse importante dietro la manovalanza che ha compiuto il sequestro. Qualcuno che ha ordinato il rapimento e ora paga la cauzione. Ma che potrebbe farlo tacere per sempre.
Ieri nell’aula giudiziaria sono state mostrate ai testimoni, tra i cui McDonald Mwaringa, il capo villaggio di Chakama, dove Silvia lavorava ed è stata rapita, due motociclette. Sono quelle con cui i banditi sono arrivati e con le quali dovrebbero essere andati via con la ragazza. Dovrebbero, condizionale d’obbligo, perché qualcuno ieri ha raccontato invece che l’ostaggio è stato portato via a spalla.
La pubblica accusa è affidata a una donna, Alice Mathangani, che incalzava i testimoni con domande precise e pertinenti. Anche la giudice, signora Dr. Julie Oseko, sembrava soddisfatta, mentre l’avvocato di Moses, Tonia Mwania, una signora elegantissima con un paio di scarpe tacco 15, sembrava piuttosto contrariata. Il particolare delle scarpe non vuol essere un pettegolezzo ma piuttosto un dettaglio per indicare come la parcella della legale debba essere piuttosto consistente. Alla mia richiesta di parlare con il suo assistito la legale ha acconsentito ma alla prima domanda: “A chi avete consegnato Silvia”, gli ha intimato di non rispondere e di troncare la brevissima conversazione.
L’aula del tribunale dove si è svolta l’udienza era piena di gente. Ma c’erano solo due bianchi: oltre a me, il corrispondente della RAI, Enzo Nucci. Ci saremmo aspettati di vedere anche qualche diplomatico italiano o qualcuno dei carabinieri del ROS o magari uno degli uomini dei servizi segreti. Nulla di tutto questo. Sarebbe stato interessante per loro riuscire a capire se dietro questo caso di sequestro anomalo si celano interessi diversi da quelli della giustizia.
Infine sembra che gli inquirenti kenioti si siano finalmente impegnati seriamente sulla questione. Questo solo perché hanno bisogno della collaborazione degli italiani per svelare il caso di corruzione che sta inquietando la politica dell’ex colonia britannica, quello delle tre dighe che la CMC di Ravenna avrebbe dovuto costruire. Per ora – secondo le accuse – è stata abile soltanto a fare sparire 600 milioni di dollari. Ieri i giudici di Nairobi hanno emesso un mandato di cattura contro Paolo Porcelli, amministratore delegato dalla CMC. Un segnale che in cambio i kenioti sono pronti a consegnare alla giustizia italiana i rapitori di Silvia?
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
Twitter @malberizzi
17 maggio 2019
21 giugno 2019
29 giugno 2019
2 luglio 2019
7 luglio 2019
13 luglio 2019
2 agosto 2019
21st June 2019
29th June 2019
2nd July 2019
13th July
3rd August 2019
2nd August 2019
Dalla Nostra Corrispondente di Moda Luisa Espanet Novembre 2024 In genere succede il contrario, sono…
Dal Nostro Corrispondente di Cose Militari Antonio Mazzeo 20 novembre 2024 Nuovo affare miliardario della…
Speciale per Africa ExPress Costantino Muscau 19 novembre 2024 "Un diplomatico francese sta rubando i…
Speciale Per Africa ExPress Eugenia Montse* 18 novembre 2024 Cosa sapeva degli attacchi del 7…
Speciale per Africa ExPress Cornelia I. Toelgyes 18 novembre 2024 Un tribunale di Pretoria ha…
Speciale per Africa ExPress Sandro Pintus 17 novembre 2024 Continua in Mozambico il braccio di…