Palermo / Caltanisetta / Khartoum, 15 luglio 2019
Questa mattina la magistratura ha confermato il provvedimento emesso venerdì dalla questura di Palermo, che aveva predisposto il trasferimento di Medhanie Tesfamariam Berhe a Pian del Lago, Caltanisetta, Centro di Permanenza per i Rimpatri. Se non succede qualcosa di straordinario il giovane sarà espulso.
Dopo tre lunghi anni passati nella casa circondariale di Palermo, una giuria ha finalmente ridato l’identità a Medhanie Tesfamariam Berhe. Il giovane eritreo era stato estradato dal Sudan nel giugno 2016, perchè ritenuto essere Medhanie Yedhego Mered, uno dei più grandi trafficanti di esseri umani, soprannominato “il generale” e tutt’ora a piede libero in qualche parte del mondo.
Uno scambio di persona evidente e palese – basta solo guardare le fotografie – ma ci sono volute decine di udienze, un défilé infinito di testimoni, test di DNA, per emettere infine la sentenza. Il giovane è stato condannato a cinque anni di detenzione – nulla in confronto ai quattordici richiesti dal pubblico ministero, se fosse stata confermata l’accusa di essere un trafficante – perchè ritenuto responsabile del reato di agevolazione dell’ingresso di “clandestini”. La sentenza sarà depositata nei prossimi mesi e certamente aiuterà capire il perché di questa condanna.
Sempre venerdì, i giudici della seconda Corte d’Assise di Palermo avevano predisposto la scarcerazione immediata di Medhanie. Ma le sue lacrime di gioia ben presto si trasformano in quelle della disperazione. Il giovane infatti viene riaccompagnato al carcere Pagliarelli per raccogliere le sue poche cose e il suo avvocato, Michele Calantropo l’aspetta fuori.
Ma quando esce il ragazzo non è un uomo libero. Nuovamente in manette, è scortato dalla polizia che l’accompagna a Caltanisetta a Pian del Lago, un centro di permanenza per i rimpatri. Medhanie infatti è inseguito da un provvedimento di espulsione, emesso dal questore. Provvedimento previsto per la condanna di cinque anni, inflitta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo la questura di Palermo si tratta di un soggetto “pericoloso”, e senza esitazioni ha applicato immediatamente il decreto sicurezza (L.132/2018). Medhanie non sapeva cosa gli stesse succedendo, finchè non ha potuto parlare con il suo avvocato. Il provvedimento gli era stato consegnato in arabo e in italiano, lingue che non conosce.
Una nuova battaglia da affrontare, ma l’avvocato Calantropo sottolinea: “Non ci arrendiamo, non ci fermiamo, ricorreremo in Cassazione”. Intanto il giovane è nuovamente dietro le sbarre, stavolta in un CPR. Ora le possibilità sono due: trattenerlo a tempo indeterminato o espellere Medhanie. Soluzione poco probabile e poi dove?
A Khartoum, capitale del Paese dove è stato arrestato, picchiato, torturato prima della sua estradizione in Italia, è impossibile, in quanto non è cittadino sudanese. In Eritrea? Il giovane è fuggito proprio dalla sua patria, considerata la peggiore dittatura del continente africano e proprio in questi giorni , durante la 41esima sessione del Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite è stato confermato che nella nostra ex colonia i diritti umani continuano essere violati. Certamente non verrebbe accolto con un tappeto rosso nel suo Paese. In quanto disertore lo aspetterebbero anni di galera e forse altro.
Insomma dalla padella alla brace; dopo anni di angoscia, ansia, privato persino della propria identità, oggi Medhanie, un semplice profugo eritreo, arrestato a Khartoum, è considerato un soggetto pericoloso perchè condannato per favoreggiamento di immigrazione clandestina. Nessuno ha chiesto scusa al giovane, anzi, ora è in atto un accanimento nei suoi confronti senza pari.
Africa ExPress
@africexp
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